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Il futuro sostenibile dell’ambiente, dell’energia, dell’alimentazione e del lavoro è basato sulla nuova idrologia.

Il futuro sostenibile dell’ambiente, dell’energia, dell’alimentazione e del lavoro è basato sulla nuova idrologia.

(La tecnologia al servizio dell’uomo e dell’ambiente senza ipocrisie)

Riassunto

Questa pubblicazione è la presentazione degli ultimi depositi di brevetti di SPAWHE (Synergic Plants – Hydro (pressurized) Electromagnetism – Artificial Welling), che non è una multinazionale, anche se avrebbe potuto essere più potente della Microsoft, se lo sviluppo sostenibile fosse un obiettivo reale per gli uomini di potere. Invece, SPAWHE è il sito web di un pensionato senza un dollaro di capitale. Questi ultimi depositi di brevetti si occupano di dissalazione, alimentazione ed energie sostenibili e si collegano ai precedenti progetti, che nessuno ha finanziato e realizzato, che hanno avuto uno sviluppo virtuale nella mente dell’inventore, senza il quale, la dissalazione l’alimentazione e le energie suddette non potranno mai essere realizzate.   

Il futuro sostenibile dell’ambiente, dell’energia, dell’alimentazione e del lavoro non è nella direzione verso la quale stiamo andando per la semplice ragione che nel mondo dell’ambiente e dell’energia manca “l’organizzazione scientifica del lavoro” che ha portato all’attuale sviluppo industriale ed economico.  Il grande problema del riscaldamento globale, ma anche quello dei migranti, della disoccupazione e della fame nel mondo dovrebbero far riflettere i progettisti degli impianti di produzione dei beni di consumo, dell’ambiente, dell’energia, dei centri urbani, dell’agricoltura, per cercare delle soluzioni più complete, attingendo da tutto quello che abbiamo a disposizione nelle varie discipline scientifiche e tecnologiche. Questi gravi problemi non possono essere lasciati soltanto nelle mani dei politici, degli economisti, e delle multinazionali, che per motivi diversi, non sono in grado di entrare nei dettagli tecnici delle soluzioni che sono in grado di creare un benessere sostenibile e duraturo.  I politici non sono dei tecnici, mentre gli economisti e le multinazionali sono interessati all’applicazione scientifica del lavoro solo dal punto di vista della crescita economica, basata sulla produttività dei beni di consumo e lo scambio del denaro.  Oggi gli economisti, le multinazionali, e le aziende produttrici dei beni di consumo sono gli unici che conoscono e applicano l’organizzazione scientifica del lavoro, teorizzata nel 1911 da Frederick Taylor. Questa disciplina è stata più utile di migliaia di invenzioni, avendo consentito di moltiplicare la capacità produttiva degli impianti nel rispetto della qualità. Nel 2016, visti i grandi risultati ottenuti, dobbiamo chiederci come mai non sono state spese le stesse energie per organizzare scientificamente, a livello globale, anche la protezione dell’ambiente? SPAWHE, non disponendo di finanziamenti, ha applicato virtualmente l’organizzazione scientifica del lavoro anche all’ambiente e alla produzione energetica, utilizzando razionalmente le tecnologie industriali sviluppate.

Introduzione

Il modo di lavorare nel settore ambientale ed energetico ha creato molte professionalità individuali e aziendali superspecializzate in singoli settori ma mancano le professionalità in grado di metterle insieme correttamente sul territorio, per raggiungere un obiettivo comune, come avviene nell’industria manifatturiera, dove tutti i reparti sono collegati con precisi cicli di lavoro al fine di ottenere la produttività e la qualità dei prodotti aziendali. Se considerassimo il pianeta Terra, come una grandissima azienda produttrice di beni di consumo da vendere e commercializzare, ci accorgeremmo che nel settore ambientale – energetico non esiste quasi nulla in comune tra un reparto e l’altro e i reparti che sono collegati utilizzano sistemi di trasporto che danneggiano la qualità e la produttività del prodotto finale.  Ancora oggi, se non intervengono piogge e venti, non per depurare l’inquinamento, ma per disperderlo nell’ambiente, trasformandolo in inquinamento globale, la vita urbana sarebbe impossibile. Ma non possiamo accontentarci di questa soluzione e nemmeno dei bandi di concorso mono tematici indetti dalle autorità ambientali internazionali  come il seguente http://ec.europa.eu/research/horizonprize/index.cfm?prize=clean-air, che rimanda la soluzione del problema a un concorso pubblico da presentare entro gennaio 2018, mentre nel frattempo, la stessa Europa che ha indetto questo concorso, ha lasciato decadere molti brevetti multidisciplinari internazionali del 2012, pubblicati su http://www.spawe.eu. A nulla sono servite tre lettere aperte pubblicate sul sito web e inviate a numerosi membri della Commissione Europea. La burocrazia non è in grado di rispondere alle proposte concrete che nascono dall’esperienza, deve fare il proprio corso e le proprie vittime, di cui nessuno è colpevole. Nessuno si accorge che nel settore pubblico la mano destra non sa quello che fa la sinistra, mentre il settore privato si sviluppa autonomamente, senza tener conto dei problemi globali. L’organizzazione scientifica del lavoro non è mai entrata negli aspetti ambientali ed energetici.  Se ci fosse entrata, gli impianti non sarebbero disposti a caso sul territorio, le ciminiere sarebbero state eliminate; le fogne sarebbero diventate depuratrici delle acque e dell’aria insieme; i sollevamenti idraulici per la distribuzione idrica e la difesa del territorio avrebbero aggirato la forza di gravità, invece di sprecare energia per vincerla. La colpa maggiore dell’attuale degrado ambientale è da addebitare agli enti pubblici che hanno accettato il gravoso compito di difendere l’ambiente senza avere l’umiltà di copiare idee organizzative del lavoro provenienti da altri settori.  A oltre cento anni dell’avvento del taylorismo industriale, non c’è ancora la minima parvenza di un taylorismo ambientale. Le attività ambientali procedono in ordine sparso nelle depurazioni e nelle produzioni energetiche. Resistono, soprattutto, le ciminiere e la fognature che avrebbero dovuto essere le prime cose da cambiare quando nel mondo si è incominciato a parlare di riscaldamento globale. Cosa ci vuole a comprendere che l’acqua e l’aria non sono sostanze amorfe, ma vive e reagenti, dal punto di vista chimico e biologico. L’acqua inquinata, per essere trattata, non può aspettare di giungere ai lontanissimi depuratori e l’aria inquinata non può essere semplicemente filtrata, poiché i cicli di combustione non si concludono all’uscita delle ciminiere ma quando anche i gas di scarico sono stati neutralizzati, compreso il CO2.  Non ha senso nel 2016 avere i depuratori delle acque lontani dalle città, non depurare l’aria urbana, avere milioni di condizionatori che scambiano il calore aria con aria nei mesi estivi, quando con le tecnologie disponibili potremmo avere le fogne depurative dell’acqua e dell’aria, scambiare il calore con il sottosuolo. Queste avrebbero dovuto essere le prime cose da fare per una corretta gestione ambientale. Il Taylorismo industriale si basa su precisi cicli di lavoro, in base ai quali, si progettano le macchine, le attrezzature che servono e i mezzi di trasporto per collegare i reparti di lavorazione e di montaggio. Nulla è lasciato al caso, tranne gli aspetti ambientali, che si adeguano al basso livello qualitativo generale.

Nell’organizzazione scientifica del lavoro ambientale mondiale non ha senso non provare a sfruttare gli immensi spazi oceanici per creare alimentazione supplementare, sollevando il carbonio e il calcio solubilizzati dalle alte pressioni idrostatiche, combattendo in questo modo anche l’acidificazione oceanica. Non ha senso produrre energia idroelettrica allagando le valli di montagna e costruendo grandi dighe, senza prima provare a produrla sfruttando soltanto l’energia di posizione delle acque superficiali, oppure riciclando le acque nell’ambito dello stesso bacino. Non ha senso sprecare energia per sollevare le acque, senza prima provare ad aggirare la forza di gravità mediante le pompe con doppia alimentazione dal lato aspirante. Non ha senso produrre energia termica, solare, eolica con bassissimi rendimenti e non sfruttare la pressione idrostatica sulle pompe abbinate alle turbine in bacini sempre pieni, pur sapendo che la pressione idrostatica all’uscita della turbina non si oppone alla piccola energia cinetica residua. Non ha senso sfruttare le batterie di accumulatori al piombo e con acidi per produrre energia mobile e non provare prima utilizzare l’aria compressa come accumulatore di energia, certamente più ecologica, soprattutto, se abbinata all’energia idroelettrica.

 Tutto quello che non ha previsto la comunità scientifica internazionale è previsto in SPAWHE, senza un solo dollaro o euro di finanziamento. Le autorità dell’ambiente e dell’energia fingono di non comprendere e continuano, per la loro, strada a bandire concorsi depurativi ed energetici mono tematici, senza tener conto dei fallimenti collezionati contro il riscaldamento globale, prima e dopo il protocollo di Kioto. Chi ha stabilito che gli impianti pubblici debbano produrre servizi, depurazioni, dissalazioni, energia con costi insostenibili addebitati ai contribuenti? E’ ovvio che non si possono assumere lavoratori se il lavoro è improduttivo ed antieconomico.  Con l’organizzazione scientifica globale del lavoro gli impianti pubblici riguardanti questi settori saranno in grado di moltiplicare l’efficienza e la produttività, producendo il benessere economico che serve alla imminente crescita della popolazione mondiale. Continuare a fingere che le proposte globali di SPAWHE non esistano, non aiuta la crescita globale della protezione dell’ambiente e dell’economia. Le autorità mondiali dell’ambiente e dell’economia, se non fanno il primo passo, finanziando gli impianti globali di SPAWHE ed emettendo le normative che regolano una corretta progettazione ambientale, non possono pretendere che sia il mercato e la ricerca partner tra gli addetti ai lavori privati, specializzati in singoli settori, soprattutto commerciali, a recepire  problemi che vanno molto oltre il compito degli imprenditori.

E’ ovvio che gli addetti ai lavori privati oppongano silenzi interessati. Perché dovrebbero produrre pompe con la doppia alimentazione sul lato aspirante per aggirare la forza di gravità se il mercato pubblico non le richiede? E che dire della scienza che insegna a calcolare correttamente le perdite di carico e le potenze assorbite negli impianti idraulici sbagliati dal punto di vista energetico?  Anche la scienza, come tutti gli addetti ai lavori, ha molti motivi per tacere sulle proposte di Spawhe.  

L’organizzazione scientifica del lavoro applicata all’ambiente, all’energia, alla dissalazione sostenibile e alla colonizzazione oceanica descritte in SPAWHE è molto più complessa di quella teorizzata da Taylor nel 1911.

Vediamo nel dettaglio le ultime novità di SPAWHE, oltre a quelle già pubblicate. Ogni soluzione impiantistica è descritta in un capitolo composto da un riassunto, una descrizione e i disegni necessari.

Capitolo 1

Deposito di brevetto italiano N. 102016000057968 del 07/06/2016

DESALINIZZATORI- DEMINERALIZZATORI VERTICALI A SCAMBIO IONICO CON PRODUZIONE DI ENERGIA IDROELETTRICA.

Riassunto

Lo stato dell’arte nello sviluppo dei trattamenti di desalinizzazione e demineralizzazione delle acque marine e salmastre è stato condizionato, come molti altri sistemi industriali, depurativi, energetici e protettivi dell’ambiente, dall’assenza di sinergie tra le pompe e le turbine idrauliche e dall’errato approccio con la forza gravitazionale, che non deve essere vinta dai sollevamenti idraulici ma assecondata, con circolazione d’acqua a senso unico in serbatoi aperti, posti in alto che fungono anche da disconnettori idraulici. Con la tripla sinergia tra le pompe a doppia alimentazione, le turbine e il riciclo dell’acqua in vaso aperto, applicando principi idraulici noti da secoli, come il principio dei vasi comunicanti, le leggi di Bernoulli e Pascal, ponendo strategicamente le elettropompe a doppia aspirazione tra un alto battente idraulico positivo e le turbine, possiamo dissalare grandi quantità di acqua, semplicemente trasformando un tubo verticale in uno scambiatore ionico e i tubi di riciclo e miscelazione in produttori di energia, mentre le resine sintetiche anioniche e cationiche, circolano contenute in sfere di polietilene forate come setacci. Tali sfere, galleggiano risalendo lo scambiatore ionico e discendono per gravità svuotandosi dell’acqua nei tubi di discesa. Per mezzo di deviatori cambiano il percorso rispetto al flusso dell’acqua per essere immerse in vasche di lavaggio e rigenerazione delle resine, e reinserite di nuovo, all’infinito, nel circuito di scambio ionico senza interruzione del ciclo di dissalazione e della produzione energetica e senza costi per riscaldare l’acqua o sostituire le membrane. L’acqua demineralizzata che serve per il lavaggio delle resine è prodotta proseguendo il processo attraverso un mini impianto del tutto simile a quello principale che parte dal serbatoio delle acque dissalate. Se gli uomini vogliono produrre acque dissalate nelle quantità industriali che servono all’umanità, anche i desalinizzatori devono diventare impianti globali, produttori, non consumatori di energia, insieme ai depuratori ai sollevamenti e alla distribuzione idrica, assecondando, non contrastando le forze gravitazionali. La sostenibilità degli impianti globali non si basa su tecnologie complicate ma sulle sinergie tra impianti semplici e razionali

DESCRIZIONE

Allo stato attuale della tecnica di dissalazione e demineralizzazione fanno capo tre tipologie di impianti: per evaporazione, permeazione per mezzo di membrane, per scambio ionico. Attualmente, la differenza tra i tre sistemi, sopra citati, la fa soprattutto il costo del trattamento. 

Quella evaporativa, produce acque prive di sali minerali e con PH acido, quindi per l’utilizzo dell’acqua è necessaria una successiva mineralizzazione e la neutralizzazione del PH.

La filtrazione con membrane comporta alte pressioni di esercizio, quindi alti consumi energetici e l’alto costo delle membrane, che periodicamente devono essere sostituite.

Quella con le resine di scambio ionico comportano un complesso circuito di filtrazione lavaggio rigenerazione delle resine, con flussi inversi che comportano la dispersione di una parte delle resine nelle acque di scarico dei processi.

Tutti i processi comportano alti consumi energetici per il riscaldamento oppure per la circolazione in pressione delle acque nei sistemi di filtrazione e rigenerazione. I costi di esercizio si aggirano intorno a 1,5 euro/mc con gli impianti a osmosi inversa, che sono quelli più usati, ma anche i costi di investimento sono notevoli, essendo di circa   1000 euro per ogni m3/giorno di acqua dissalata prodotta. E’ ovvio che con questi costi di produzione e di investimento, l’acqua dissalata può essere utilizzata solo per uso potabile. E’ impossibile pensare di impiegarla per l’industria e l’agricoltura. Con la soluzione che si propone l’impiego agricolo e industriale diventerà una realtà competitiva anche con i pozzi e gli altri sistemi depurativi, che comunque sono costretti a trattare acque inquinate, o con scarsi requisiti minerali. Infatti, l’acqua marina essendo ricchissima di sali minerali, se la desalinizzazione diventa sostenibile, può diventare il migliore concime naturale dei terreni, potendo inviare agli stessi un’acqua utilizzabile anche come concime trattata su misura per il terreno di destinazione, sia in termini di Sali minerali che di alcalinità.  Per il trasporto dell’acqua dissalata a notevoli distanza non c’è nessun problema perché con le pompe a doppia alimentazione abbinate alle turbine idrauliche, anche il trasporto e il sollevamento delle acque diventa una fonte energetica, non di consumo.  Infatti, la chiave per risolvere molti problemi ambientali ed energetici, compresa la dissalazione, è quella di realizzare circuiti idraulici e idroelettrici che utilizzano diversamente le pompe e le turbine.   

Allo stato dell’arte il sistema di dissalazione meno impiegato è quello con lo scambio ionico, ma questo sistema è il più adatto ad essere utilizzato in abbinamento con le pompe a doppia alimentazione e le turbine, non avendo la necessità di alte temperature o di alte pressioni di esercizio rispetto ai sistemi concorrenti. Pertanto, l’alto costo delle resine e dei liquidi reagenti, necessari per la rigenerazione, potrà essere ampiamente compensato dal basso consumo energetico, dalla produzione energetica prodotta dall’impianto, dal basso costo dell’impiantistica necessaria, e dai bassi costi di gestione e manutenzione. Inoltre, con la soluzione di seguito descritta, sarà risolto anche il problema della dispersione delle resine nelle acque e nei liquidi di processo, essendo le resine contenute e fatte circolare (nell’acqua e nei reagenti chimici) in sfere di polietilene forate con fori di passaggio inferiori alla dimensione delle stesse.  Si può dire, che la nuova soluzione è opposta alle attuali soluzioni di scambio ionico, dove le resine sono ferme e il liquido le attraversa, sia nelle fasi di reazione che in quelle di lavaggio e rigenerazione. Con il sistema proposto le resine circolano nell’acqua e nei liquidi rigeneranti, a bassa velocità, con lunghi tempi di contatto, che assicurano contatti capillari. Per la circolazione si sfruttano principi fisici, non energetici. Oltre il 90% dell’energia prodotta nell’impianto può essere trasferito alle reti elettriche pubbliche.

Quindi l’impianto è composto da una parte chimica, una elettromeccanica e una idraulica.    

La chimica dello scambio ionico.

Dalla letteratura scientifica, si può apprendere che lo scambio ionico, è un processo in cui ioni di una data specie sono sostituiti sulla superficie di un materiale non solubile di scambio (resina a scambio ionico) da ioni di una specie differente disciolti in soluzione. Si compone di due fasi: cationica e anionica. Nell’impianto proposto, che si sviluppa in verticale, tali fasi avverranno separatamente in tubi di grande diametro (5) facendovi transitare a bassa velocità una adeguata quantità di sfere in polietilene forate come un setaccio, contenenti granuli di resine anioniche o cationiche in quantità proporzionali ai sali da assorbire,  selezionate con diametro superiore a fori di passaggio, Le resine a scambio ionico possono essere sia naturali che sintetiche.

Le resine naturali sono le zeoliti (allumino-silicati) utilizzate soprattutto per l’addolcimento delle acque e per la rimozione dello ione ammonio.

Le resine sintetiche sono formate da polimeri fenolici che si presentano generalmente sotto forma di piccole sfere di diametro compreso fra 0,3 e 1,3 mm. Con una densità di 1,2-1,3 Kg/l. Possono essere di due tipi:

a)  a struttura gelulare: traslucide, scarsa elasticità, capacità più elevata;

b)  a struttura macroporosa:  opache,  elevata porosità,  minore capacità;

la struttura di base dei due tipi è comunque identica essendo entrambe ottenute per copolimerizzazione.  La realizzazione delle resine sintetiche avviene generalmente tramite un processo di copolimerizzazione fra stirene e divinilbenzene. Lo stirene ha funzione di matrice della resina, mentre il divinilbenzene serve per dare consistenza alla resina. Le proprietà principali delle resine scambiatrici sono:

– la capacità di scambio: viene espressa in eq/L o eq/Kg. Essa viene definita come la quantità di uno ione di scambio che la resina può portare. 

– la dimensione delle sfere di resina: l’importanza della dimensione risiede nel fatto che la cinetica, nonché il tasso di scambio ionico nelle colonne è funzione della stessa. In generale il tasso di scambio ionico è inversamente proporzionale al quadrato del diametro delle particelle.

La capacità di scambio dichiarata di una resina varia in base al tipo ed alla concentrazione di sostanza utilizzata per rigenerare la resina. Generalmente la capacità di scambio di una resina sintetica varia fra 2 e 10 eq/Kg resina, mentre le zeoliti cationiche hanno una capacità di scambio compresa 0.05 e 0.1 eq/Kg resina.

Spesso la capacità di scambio delle resine viene espressa in termini di grammi di CaCO3 per m3 di resina (g/m3) o grammi equivalenti per m3 (g eq/m3).

Il livello rigenerativo: è la quantità di rigenerante (HCl, H2SO4, NaOH) considerato al 100% necessario per rigenerare un litro di resina. Si esprime in grammi di rigenerante per litro di resina.

La capacità di scambio totale: E’ la concentrazione di siti attivi per unità di misura. E’ riferita all’unità di volume (Eq/litro) o di peso (Eq/grammo) ed è un parametro indicato nelle schede tecniche delle resine.

La capacità operativa di scambio: è la quantità di ioni (Eq/litro o g CaCO3/litro) che una determinata resina scambia nelle specifiche condizioni di esercizio in cui è utilizzata.

Gli schemi di processo variano in funzione dell’obiettivo del trattamento da effettuare. 

Alcuni trattamenti classici realizzabili con le resine di scambio ionico sono: Addolcimento, decarbonatazione (demineralizzazione parziale) demineralizzazione completa, rimozione di specifichi metalli pesanti, ma sostanzialmente, lo scambio ionico, come l’ultra filtrazione, se diventa sostenibile ed energetico è anche un ottimo sistema depurativo terziario.

 Come detto inizialmente lo scambio ionico in generale comporta lo scambio di uno ione presente sul gruppo funzionale della resina con uno ione di pari carica presente in soluzione.

Allo stato dell’arte si distinguono cinque tipi di resine sintetiche a scambio ionico:

1) Resine cationiche forti, 2) Resine cationiche deboli, 3) Resine anioniche forti, 4) Resine anioniche deboli, 5) Resine selettive chelanti per metalli pesanti.

Le resine cationiche forti si comportano in maniera simile ad un acido forte e vengono fortemente ionizzate sia nella loro forma acida (R-SO3H) che in quella salina (RSO3Na) in un ampio spettro di valori di pH.

Le resine cationiche deboli hanno un gruppo funzionale acido debole, tipicamente un gruppo carbossilico (COOH). Queste resine si comportano come acidi deboli e come tali hanno un basso grado di dissociazione.

Le resine anioniche forti vengono fortemente ionizzate grazie a gruppi basici forti quali l’anione idrossile (OH) e possono essere utilizzate in tutto il campo di pH. Grazie al gruppo idrossile OH sono spesso utilizzate per la deionizzazione dell’acqua.

Le resine anioniche deboli sono portatrici di gruppi basici deboli e pertanto hanno un grado di ionizzazione dipendente dal pH, generalmente ionizzano in campi di pH ristretti.

Le resine chelanti selettive per metalli pesanti si comportano come resine cationiche forti, presentando però un alto grado di selezione nella capacità di chelare i cationi di metalli pesanti.

Si noti che le reazioni di scambio ionico sono delle vere e proprie reazioni chimiche di equilibrio e come tali reversibili. A tal proposito il ciclo lavorativo di una resina si compone di due fasi: – la fase di esercizio detta anche di “esaurimento” durante la quale le reazioni vanno da sinistra a destra (si ha cioè la sostituzione degli ioni presenti sui gruppi funzionali con quelli presenti in soluzione) e che si esaurisce con la saturazione di tutti i gruppi funzionali. Questa fase, nell’impianto in oggetto, avviene nei tubi di scambio ionico (5).

– la fase di ricarica detta anche “rigenerazione” nella quale la reazione viene fatta procedere da destra a sinistra ricaricando i gruppi funzionali della resina con gli ioni originari. Nella soluzione proposta, la rigenerazione avviene facendo passare le sfere forate di polietilene, con le resine incorporate, nei tunnels a immersione di liquido rigenerante e di lavaggio (E) costituito da:

– soluzioni basiche, tipicamente sostanze basiche tipo NaOH, NH4OH, nel caso di resine anioniche. In tal caso si ricaricano le resine con gli ioni OH-. 

-soluzioni acide, tipicamente a base di acidi forti (HCl, H2SO4) nel caso di resine cationiche. In questo caso si ricaricano le resine con gli ioni H+.

L’elevata concentrazione di ioni H+ e OH, nei due casi provoca, per la legge di azione di massa, lo spostamento della reazione a sinistra con conseguente ricarica delle resine e rilascio in soluzione degli ioni che nella fase di esaurimento (5) erano stati assorbiti dalle resine. Si ottiene così un eluato generalmente composto da cloruri di vari metalli (nel caso si utilizzi HCl, lo ione H+ ricarica la resina, mentre lo ione Cl si lega al catione rilasciato dalla resina) o vari sali di sodio nel caso si usi NaOH (lo ione OH ricarica la resine, mentre allo ione Na+ si lega agli anioni liberati in rigenerazione dalla resina a dare sali di sodio).

ES.:  Ca++ + 2HCl → CaCl2 + 2 H+; SO4+ 2NaOH → Na2SO4 + 2OH.

Le resine a scambio ionico per il fatto che scambiano idrogenioni (cationiche) e idrossilioni (anioniche) vengono più propriamente definite resine cationiche in ciclo acido (R-H) e resine anioniche in ciclo basico (R-OH), in ragione delle caratteristiche degli ioni rilasciati i quali rendono le acque acide o basiche.

Di seguito sono riportate alcune reazioni di scambio ionico per resine sintetiche:

Resine cationiche forti:

 R-SO3H + Na+↔ R-SO3Na + H+; 2R- SO3Na + Ca2+ ↔ (R-SO3)2Ca + 2Na+.

Resine cationiche deboli:

R-COOH + Na+ ↔ R-COONa + H+; 2R-COONa + Ca2+ ↔ (RCOO)2Ca + 2Na+

Resine anioniche forti:

RR’3NOH + Cl↔ RR’NCl + OH.

Resine anioniche deboli:

RNH3OH + Cl↔ RNH3Cl + OH; 2RNH3Cl + SO42-↔ (RNH3)2SO4 + 2Cl.

ESEMPIO DI SCAMBIO E RIGENERAZIONE.

Rimozione degli ioni Sodio (Na+) e Calcio (Ca2+) dall’acqua utilizzando una resina cationica forte. Reazione: R- H+ +Na+→ R -Na+ +H+; 2R Na+ + Ca2+ → R2Ca2+ + 2Na+

Rigenerazione:

la rigenerazione viene effettuata con acido cloridrico (HCl) e cloruro di sodio (NaCl)

RNa+ + HCl → RH+ + NaCl;  R2Ca2+ + 2NaCl → 2RNa+ + CaCl2.

La selettività di una resina, cioè il fatto che scambi uno ione presente in soluzione con quelli nei siti attivi, piuttosto che un altro, dipende dalla natura e dalla valenza dello ione, dal tipo di resina, dalla sua saturazione, nonché dalla concentrazione di uno specifico ione in soluzione. Generalmente tale selettività resta valida in un ristretto campo di pH. Tipicamente la scala di selettività o se vogliamo di affinità di scambio delle resine cationiche risulta essere:                                                     

   Li+  < H+  < Na+  < NH4+ < K +  < Rb+ Ag+ Mg2+ < Zn2+ < Co2+ < Cu2+ < Ca2+ < Sr2+ < Ba2+ ; mentre per le resine anioniche risulta: OH <<< F< HCO < Cl< Br<  NO3 < ClO4       

Negli attuali sistemi di scambio ionico la fase di esercizio prevede, generalmente, il passaggio dell’acqua in un serbatoio riempito di resina e una portata di acqua che deve essere tenuta entro certi limiti per garantire adeguati tempi di scambio.  I dati caratteristici sono molto variabili in funzione della quantità di sali e del ph: portata di esercizio compresa fra 5 e 50 litri/h/litro resina.  E’ molto difficile gestire e controllare un processo completo, soprattutto, se è necessario dissalare grandi portate di acqua. Anche la fase rigenerativa, attualmente, non è facile da gestire. Essa si suddivide in tre sottofasi.

a) Lavaggio in controcorrente (backwash): acqua in flusso ascensionale, velocità del flusso pari a 10-15 m/h, espansione del letto di resina del 50-70 %.  Tale lavaggio serve ad eliminare eventuali percorsi preferenziali formatisi durante la fase di scambio e a rimuovere le impurità che si fossero eventualmente formate nel letto durante la fase di scambio. La durata di questa fase, negli impianti esistenti, è di circa 15 minuti. 

b) La rigenerazione può essere acida o basica a seconda che riguardi una resina a scambio cationico o anionico rispettivamente. Le soluzioni utilizzate sono soluzioni diluite la cui percentuale di acido o base disciolta dipende dalla forza (grado di dissociazione) dello stesso. Ad esempio per ricaricare una resina cationica si possono utilizzare soluzioni acide quali:

5 – 10 % di HCl ad una portata di 3 -4 l/h/l resina

1 – 3 % di H2SO4 ad una portata di 10 – 15 l/h/l resina

c)  Lavaggio finale che viene effettuato con acqua demineralizzata in down flow in due fasi:

 una prima fase alla portata della fase rigenerativa per lavare l’acido residuo;

 una seconda fase alle condizioni di esercizio per un volume complessivo d’acqua pari a 6 – 9 volumi di resina.

La nuova impiantistica elettromeccanica e idraulica dello scambio ionico.

La lunga introduzione, sopra riportata, che ha riassunto lo stato dell’arte dei processi chimici e fisici che governano il complesso sistema dello scambio ionico è fondamentale per comprendere le ragioni per le quali è nata questa invenzione. Infatti, i cicli di lavoro degli attuali impianti che utilizzano lo scambio ionico sono il punto di partenza per la progettazione di questi nuovi impianti, che non devono stravolgere i principi basilari, ma li devono soltanto rendere più economici, soprattutto, abbinando la produzione di energia idroelettrica, a basso costo, che venduta ai gestori, di fatto, abbassa il costo della desalinizzazione. Infatti, l’energia idroelettrica prodotta senza il classico salto idraulico, è molto più economica dell’attuale energia idroelettrica, non richiedendo la costruzione di dighe e bacini. Basta soltanto lo sfruttamento dell’energia di posizione delle acque poste nella posizione alta di un sistema idrico mantenuto sempre pieno per sfruttare regimi idraulici vantaggiosi ai fini energetici. Pertanto, gli impianti, con scambio ionico, abbinati alla produzione di energia,  oltre alla desalinizzazione e demineralizzazione, possono avere anche altre applicazioni depurative, visto che anche le acque dolci, in moltissimi casi, anche quando sono estratte dal sottosuolo, devono essere private di sostanze indesiderate a causa delle numerose infiltrazioni dovute ai prodotti chimici usati in agricoltura, nelle industrie, nelle attività urbane, infiltrazioni di solventi e metalli radioattivi liberati nei pressi di trivellazioni con il sistema della fratturazione  dell’acqua  con solventi e materiali inerti ad alta pressione. Certamente, anche l’ultra filtrazione può essere abbinata alla produzione dell’energia idroelettrica, riducendo i costi di esercizio, ma gran parte dell’energia sarebbe consumata nello stesso impianto, mentre il costo per la sostituzione delle membrane usurate non sarebbe risolto. Inoltre, è necessario precisare che allo stato dell’arte, non si dissala l’acqua di mare ma soltanto le acque salmastre perché dissalare le acque del mare costerebbe circa 3,5 volte i costi attuali, che già non sono sostenibili per impieghi su larga scala. Infatti, nel processo per osmosi inversa, l’acqua da dissalare è messa in comunicazione con acqua dolce attraverso una membrana permeabile al solo solvente; applicando dal lato della soluzione salina una pressione superiore a quella che si genera per osmosi, s’inverte il normale senso di diffusione e il solvente tende ad abbandonare la soluzione con più alto tenore di sali. Il processo non viene ancora impiegato per la dissalazione di acqua di mare, in quanto, essendo la pressione osmotica fra acqua di mare (salinità media: 35 g/l) e acqua distillata pari a circa 22 bar, la corrispondente pressione richiesta per ottenere un apprezzabile flusso di solvente attraverso la membrana può anche superare 100 bar. Il processo trova, invece, applicazione per la dissalazione di acqua salmastra con salinità inferiore a 10 g/l. Nella stessa proporzione si incrementano anche i costi energetici dei processi evaporativi, mentre con lo scambio ionico proposto aumentano soltanto i costi degli additivi chimici e della quantità di resine necessarie.

Prima di iniziare la descrizione del processo è opportuno riportare le legende delle figure che illustrano l’impianto.

  Legenda alfabetica: (A) bacino di arrivo acqua salata;  (B) filtro di aspirazione acqua salata con valvola di ritegno incorporata; (C)  tubo di riciclo acqua e pressurizzazione dinamica o cinetica della elettropompa; (D) livello nominale bacino superiore; (E) circuito di lavaggio e rigenerazione resine di scambio ionico ; (F) serbatoio superiore di miscelazione e sfioro acque desalinizzate; (G) Mini impianto di produzione acqua deionizzata; (H) serbatoio di accumulo acque desalinizzate; (I) rete di distribuzione acqua desalinizzata; (L) serbatoio di accumulo acqua demineralizzata; (M) serbatoio con liquido rigenerante.

Legenda numerica: (1) pompa capovolta con doppia alimentazione sul lato aspirante; (2) turbina sommersa con alternatore incorporato; (3) livello nominale bacino acqua da dissalare;  (4) tubo di alimentazione acqua da dissalare; (4.1) pezzo speciale per introduzione sfere con resine nel tubo di scambio ionico (forato nella parte inferiore); (5) tubo di scambio ionico; (5.1) tronco conico forato incorporato nel tubo 5; (5.2) pezzo speciale per  fuori uscita sfere dal tubo 5 (forato su tutta la superficie esterna e collegato al tubo 6 per mezzo dello scivolo 5.3); (5.3) scivolo in lamiera per la guida delle sfere nel tubo 6 ); (6) tubo di discesa sfere per lo svuotamento dell’acqua; (6.1) pezzo speciale per la deviazione delle sfere dal circuito di scambio ionico al circuito di rigenerazione (forato nella parte inferiore per lo scolo dell’acqua); (7) valvole a ghigliottina  automatizzate per arresto circolazione sfere (sono sempre aperte quando la sonda di minimo livello indica che il tubo 6 è vuoto di acqua; (7.1) valvole a ghigliottina  automatizzate per arresto circolazione sfere (si aprono una per volta); (8) primo tunnel per lavaggio a immersione delle resine; (9) percorso guidato delle sfere nei tunnel a immersione con un telaio aperto di  tondini di acciaio inox con salite e discese dotate di scivoli per la raccolta del liquido di svuotamento delle sfere; (10) tunnel per rigenerazione a immersione delle resine; (11) secondo tunnel di lavaggio a immersione delle resine; (12) elettropompa di estrazione fanghi dal serbatoio di arrivo; (13) elettropompa di estrazione fanghi di lavaggio resine; (14) elettropompa di estrazione fanghi di rigenerazione resine; (15) Telaio di sostegno impianto di demineralizzazione; (16) tubo di alimentazione acqua demineralizzata; (17)  valvola a galleggiante per alimentazione acqua demineralizzata; (18) valvola a galleggiante per alimentazione liquido rigenerante; (19) valvola motorizzata di intercettazione;  (20) valvola manuale di intercettazione;  (21) valvola di ritegno;  (22) sonda di controllo salinità; (23) sonda  di controllo PH.  (24) sonda di controllo minimo livello acqua del   tubo di svuotamento sfere; (25) agitatore sommerso.   

La figura “1” riporta lo schema generale dell’impianto in verticale, dove si possono notare in sezione gli elementi riportati nelle legende, mentre le figure 2, 3, 4, riportano le sezioni ai piani altimetrici A, B, C.

Fig. 4

Annotazioni sui principi idraulici e fluidodinamici utilizzati.

Affinché si produca il massimo dell’energia energia cinetica in un gruppo pompa-turbina, posto sotto battente, che scarica l’acqua in profondità, nell’ambito dello stesso bacino, è necessario che l’acqua sia prelevata dal punto più alto dell’impianto e che arrivi direttamente sull’aspirazione della pompa posta nel punto più basso dell’impianto. Infatti, è noto che un corpo in movimento (compresa l’acqua), aumenta la propria forza (F = m * a), sia se si muove in orizzontale che in verticale. Ovviamente, nel caso dell’acqua, se si muove in orizzontale l’accelerazione la deve fornire tutta il motore della pompa, se si muove in verticale, nel senso della forza gravitazionale, all’accelerazione fornita dalla pompa, si aggiunge anche l’accelerazione gravitazionale (g = 9,81 m/s2). Ma non è sufficiente orientare soltanto la pompa verso il basso e sfruttare il battente idrostatico, perché la massa di acqua che si muoverebbe senza l’intubazione verticale, sarebbe soltanto quella intorno alla pompa, pertanto, la turbina produrrebbe pochissima energia. L’intubazione dell’acqua superficiale è indispensabile per fornire a tutta la colonna d’acqua sopra la pompa l’energia di movimento. Pertanto, è indispensabile l’impiego di un tubo di discesa (c) per ogni gruppo pompa-turbina. D’altra parte, questa necessità è intuitiva, poiché anche le turbine che sfruttano il salto idraulico alla pressione atmosferica sono collegate singolarmente al bacino superiore. Contrariamente a quanto si possa pensare non è la portata abbinata al salto di pressione a produrre energia nell’idroelettrico tradizionale ma la portata di acqua trasformata in energia cinetica (o dinamica) realizzata nel percorso che alimenta la turbina (P = η*1000*Q*Hu/102).

Nell’idroelettrico tradizionale non si commettono errori di calcolo energetici perché sfociando l’acqua alla pressione atmosferica e non riciclandola, tutta l’energia di pressione statica, sottratte le perdite di carico, si trasforma in energia cinetica. Ma l’idroelettrico tradizionale avrebbe dovuto essere l’eccezione che conferma la regola, invece, per gli addetti ai lavori, è diventata la regola e nessuno vuole approfondire lo sfruttamento dell’energia di posizione dell’acqua superficiale nell’ambito dello stesso volume di acqua, che si può realizzare dappertutto senza costruire dighe e grandi bacini idraulici.  Infatti, nel caso di impianti sempre pieni di acqua, non avendo, un salto idraulico da sfruttare, per produrre energia cinetica è necessario sfruttare la differenza di posizione relativa nell’ambito dello stesso volume di acqua, pertanto gli impianti e le pompe devono essere progettati diversamente. E’ necessario intubare l’acqua di superficie per sfruttare la sua energia di posizione rispetto alla posizione della pompa e della turbina, che collegate in serie, funzionano come una sola macchina: la pompa vince lo stato d’inerzia e conserva il moto nel tempo consentendo all’accelerazione di gravità di produrre più energia cinetica di quanta ne spenda la pompa, mentre la turbina sfrutta energia totale per produrre elettricità attraverso l’alternatore incorporato o collegato. E’ ovvio che se ponessimo soltanto la pompa intubata sotto un battente di 10 o 20 m di colonna di acqua, non essendoci nessuna resistenza idraulica sulla mandata, si creerebbe un grande squilibrio idraulico, poiché tutta l’energia cinetica sviluppata dalla colonna d’acqua, a causa dell’accelerazione di gravità sulla pompa, non trovando nessun contrasto, a parte l’attrito delle molecole dell’acqua, sarebbe dispersa in calore. Infatti, la pressione statica dell’acqua, per il fatto che il liquido è incomprimibile non si oppone all’energia cinetica. Pertanto, la velocità dell’acqua aumenterebbe fino ai limiti consentiti e la pompa si danneggerebbe in breve tempo, non riuscendo a controllare il flusso di acqua che lei stessa avrebbe iniziato. Inserire una turbina dopo la pompa, oltre ad essere una soluzione energetica razionale è anche l’elemento equilibrante delle forze generate. Pertanto, con il sistema proposto possiamo produrre energia nella turbina a causa del volano energetico costituito dalle masse in movimento in direzione della forza gravitazionale, scaricando l’acqua nel bacino aperto, oppure in una sezione aperta collegata al bacino superiore, con la piccola velocità residua all’uscita della turbina. La perdita di carico da calcolare per tale scarico è più o meno la stessa che avremmo se scaricassimo l’acqua in atmosfera (V2/2g). E’ altrettanto ovvio che senza l’intubazione dell’acqua che parte dalla superficie non potremmo produrre l’energia cinetica che serve a produrre elettricità, poiché l’acqua che alimenterebbe la pompa sarebbe quella circostante alla pompa, dotata di sola pressione statica.   Queste sono le ragioni per le quali nello schema di Fig. 1 ogni pompa è collegata con una bocca aspirante al bacino superiore e per la quale tale tubo è stato chiamato tubo di pressurizzazione dinamica. Infatti la pressione statica in un circuito chiuso si può trasmettere anche con un piccolo tubo (Basti pensare al famoso esperimento di Pascal che con tubicino pieno di acqua posto verticalmente sfascia una botte di legno), mentre per conferire a una portata di acqua la pressione dinamica (o cinetica), è necessario che la pressione unitaria sia moltiplicata per la sezione di passaggio dell’acqua (10 m di colonna di acqua equivalgono a 1 Kg/cm2).  Se abbiamo una sezione di passaggio di 100 cm2 e vogliamo trasmettere dinamicamente l’intera pressione dei dieci metri di colonna di acqua, tale sezione deve essere mantenuta e ampliata considerando le perdite di carico per non perdere energia cinetica. Questo deve riguardare l’intero percorso del circuito, compreso, il corpo della pompa. Quindi, se vogliamo che una pompa con doppia alimentazione trasmetta all’acqua alimentata dal bacino inferiore (sempre con un battente positivo) l’energia dinamica dell’acqua proveniente dal bacino (F), le sezioni di passaggio nella pompa devono essere adeguate alla somma delle due portate. In tali condizioni, all’uscita della pompa avremo una sola portata e una sola pressione, che si avvicineranno alla somma della portata e della pressione massima in ingresso, più quella fornita dalla pompa, meno le perdite di carico del circuito. 

 Questa applicazione trova conferma anche nella teoria di Torricelli che ha dimostrato che la velocità di uscita dell’acqua da un foro praticato sulla parete di un serbatoio di acqua sotto un battente idraulico (h) è calcolabile con la formula √2*g*h, indipendentemente dalla effettiva profondità del serbatoio.  Ovviamente, tale conferma deve essere intesa solo come certificazione dell’esistenza dell’energia di posizione dell’acqua superficiale. Ma per sfruttare tale energia per la produzione elettrica, nell’ambito dello stesso volume di acqua, o in impianti sempre pieni, riciclando l’acqua, sono necessarie modifiche alle pompe e ai circuiti idraulici attualmente usati, poiché all’attuale stato dell’arte, nessuno ha fatto le giuste riflessioni tecniche e scientifiche. Gli stessi uffici brevetti, in precedenti applicazioni del sottoscritto, hanno dichiarato tali applicazioni contrarie ai principi sulla conservazione dell’energia, non distinguendo la differenza tra circuiti semplici e complessi. Infatti, i principi idraulici sulla conservazione dell’energia legiferati non contemplano circuiti idraulici complessi realizzati all’interno dello stesso volume di acqua, che può alimentare all’infinito i circuiti interni, considerando il bacino sempre pieno, pertanto, rispettando i principi legiferati. Con l’intubazione dell’acqua superficiale e l’accoppiamento sotto battente delle pompe con le turbine, di fatto, si realizzano nell’ambito dello stesso volume di acqua tanti regimi idraulici separati dalle acque statiche, quanti sono i gruppi pompa-turbina realizzati. Ogni gruppo produce energia elettrica, per differenza tra l’energia assorbita e spesa, autonomamente dagli altri gruppi, attingendo dalle comuni fonte energetiche, che sono l’energia di posizione dell’acqua superficiale e la pressione atmosferica.  Il sistema può produrre energia anche sollevando l’acqua da un bacino all’altro purché il circuito sia sempre pieno e l’acqua da sollevare sia inserita nel circuito di riciclo del bacino superiore per mezzo di una bocca di alimentazione di una pompa con doppia bocca aspirante posta sotto battente, pressurizzata dinamicamente dall’altezza idrostatica del bacino superiore sulla seconda bocca aspirante.

 Ovviamente, in un bacino sempre pieno, nemmeno la pressione statica si disperde. Queste considerazioni non hanno bisogno di essere dimostrate con prototipi perché se non fossero vere, non esiterebbero le correnti marine e le condotte sottomarine non potrebbero scaricare l’acqua nei fondali profondi con piccole energie cinetiche. Se questo avviene è proprio perché il tubo di scarico parte della superficie, le pressioni statiche interne ed esterne al tubo si equilibrano, mentre l’energia sviluppata all’interno del tubo con l’inserimento della pompa sotto il battente contenuto nel tubo stesso, comunicante con il bacino superiore e con l’atmosfera, non trova nessuna opposizione, a parte la famosa V2/2g.    

Un’altra autorevole conferma viene dal famoso Scienziato Albert Einstein, che con le sue teorie sulla relatività, ha dimostrato che la materia e l’energia possono essere considerate unitariamente, dato che l’una può trasformarsi nell’altra secondo una precisa relazione matematica. Un riscontro pratico di questa affermazione lo possiamo trovare nell’azione del vento che può produrre energia elettrica attraverso le pale eoliche ma può anche rompere l’equilibro inerziale tra troposfera e idrosfera (la linea di confine tra acqua e aria si deforma) creando energia cinetica nelle correnti marine. Questo, per il sottoscritto, è l’aspetto energetico, sottovalutato a livello mondiale, poiché, anche noi possiamo rompere tale equilibrio, come detto sopra, artificialmente per mezzo dell’intubazione di una piccola corrente di acqua e una pompa posta nelle profondità dell’acqua e concentrare tutta l’energia cinetica prodotta sulle pale di una turbina idraulica. Non c’è nessuna legge della conservazione dell’energia che possa impedire di attingere a una fonte energetica esterna, che tra l’altro è infinita, e nessun bilancio energetico da fare, se non quello tra l’energia spesa e quella prodotta.  Questa differenza è immensa, a favore dell’energia prodotta, poiché non siamo in un sistema isolato come il pendolo di Newton e nemmeno in un circuito idraulico chiuso. Infatti, grazie alla forza gravitazionale, l’energia acquisita dalla colonna d’acqua intubata (m*g*h = 1/2 mV2) mossa dalla pompa, deve essere frenata dalle pale della turbina, il cui alternatore collegato produce energia elettrica. Infatti, Einstein afferma che l’energia gravitazionale non incrementa la velocità del corpo, ma la sua massa: il corpo diventa sempre più “pesante”. Questo trova riscontro anche nei calcoli pratici delle prevalenze delle pompe di sollevamento alle quali è sottratto il battente positivo sul lato aspirante, essendo considerato un’energia a tutti gli effetti. Mentre all’uscita della turbina, in un bacino aperto o collegato con un’ampia sezione di passaggio allo stesso bacino superiore, essendo l’acqua incomprimibile, a qualsiasi profondità si trovi lo sbocco, la resistenza idraulica è sempre la stessa (v2/2g). Quindi, l’energia spesa, più o meno è sempre uguale, mentre quella prodotta può essere moltiplicata per dieci o venti, eccetera, dipendendo soltanto dalla colonna d’acqua che grava sulla pompa e sulla turbina.

Le pompe a doppia alimentazione sul lato aspirante (deposito di brevetto italiano102015000048796 del 04/09/2015).

Le pompe a doppia alimentazione sul lato aspirante, utilizzate in questo impianto non esistono, come scritto sopra, per l’errata interpretazione dei principi fluido dinamici, che hanno portato a sprechi enormi in tutti i settori delle attività umane, ma sono semplici da realizzare modificando l’alimentazione delle pompe attuali, non la tecnologia costruttiva delle stesse. Infatti, alimentando dall’esterno la girante tramite due confluenze (curve o innesti con diversa angolazione) canalizzate internamente, in modo che i due flussi si incrocino e alimentino la girante della pompa in quattro settori separati, disposti in diagonale, due alimentati con l’acqua da sollevare e due alimentati con l’acqua riciclata dall’alto, dotata di alta pressione idrostatica. Equilibrando nel suddetto modo la spinta idraulica sulla girante e sui cuscinetti, e facendo arrivare i flussi fin dentro la girante, in modo che non vengano in contatto prima di essere trascinati dalla girante stessa possiamo trasformare tutti gli impianti idraulici attuali da assorbitori di energia in produttori della stessa, ovviamente, modificando anche gli impianti e inserendo le turbine in serie alle pompe.

Partiamo dal cuore di una pompa che è la girante, la quale può produrre un flusso assiale, semi assiale o radiale e può essere aperta, chiusa o semi chiusa, in funzione del corpo pompa nel quale viene montata. Esistono anche pompe con giranti doppie, con alberi orizzontali e doppia alimentazione alla stessa pressione, che hanno ottime prestazioni, ma noi non le prendiamo in considerazione, poiché le pompe che proponiamo, per sfruttare contemporaneamente i principi idraulici dei vasi comunicanti e di Pascal, che consentono incrementi di portate e pressioni a basso costo energetico, devono essere alimentate con pressioni idrostatiche diverse. Tutte le pompe possono essere modificate e alimentate con pressioni diverse. Ovviamente, con prestazioni e rendimenti diversi e in funzione delle caratteristiche delle giranti che montano attualmente. Con grandi portate e piccoli incrementi di pressioni si utilizzeranno giranti assiali e semi assiali, con piccole portate e maggiori pressioni saranno utilizzate giranti chiuse e maggiori precisioni delle lavorazioni, come avviene nelle pompe attuali. L’importante è comprendere che queste pompe non devono mai lavorare in aspirazione ma solo sotto battente e che dividendo in flusso che arriva in quattro settori che arrivano direttamente all’ingresso della girante, con la rotazione della pompa, in ogni settore si alterna l’ingresso di acqua in alta e bassa pressione, che hanno la stessa direzione, pertanto la portata con pressione maggiore trasmette la propria pressione alla portata con minore pressione all’interno dalla stessa girante, che come è noto è concepita per aumentare la pressione dell’acqua partendo dal centro alla periferia della girante stessa. Ovviamente, all’uscita della pompa avremo un solo flusso con la somma delle portate e la pressione maggiore. Non è altro che l’applicazione dinamica del principio di Pascal, che con le tecnologie attuali è di semplice attuazione.  La figura 6 mostra la modifica di una pompa con girante assiale, la figura 7, quella di una pompa con girante chiusa.  

 

Descrizione del funzionamento dell’impianto di dissalazione e demineralizzazione.

 L’acqua da dissalare contenuta nel bacino (A) (mantenuto sempre al massimo livello da un apposito regolatore di livello idraulico), viene aspirata attraverso i filtri (B) e una saracinesca motorizzata (19) da una delle due bocche aspiranti della pompa con doppia alimentazione (1). L’altra bocca aspirante è alimentata dal tubo di riciclo e pressurizzazione dinamica (C) che proviene del bacino superiore (F). Quando non è necessaria la presa di acqua da dissalare si chiude la valvola di B e si apre quella che proviene dal tubo (C), pertanto, entrambe le bocche di aspirazione sono alimentate con acqua che proviene dal bacino (F), con la massima pressione idrostatica e l’energia di posizione dell’acqua contenuta in tale bacino, che si trasforma in energia cinetica a causa della rotazione della pompa. Pertanto, in tale condizione la turbina (2) produce il massimo dell’energia consentita dal sistema. In ogni caso l’uscita della turbina è collegata al tubo (4) di ampia sezione dal quale l’acqua sale allo scambiatore ionico (5) dove galleggiano sospese nell’acqua delle sfere di polietilene forate come setacci nelle quali galleggiano dei granuli di resine sintetiche di scambio ionico, selezionati con diametro superiori a fori di passaggio dell’acqua. Pertanto, all’uscita del tubo di scambio ionico giungono al bacino superiore (F), l’acqua e le sfere con le resine. 

Il principio per il quale le sfere di polietilene circolano insieme all’acqua nel tubo di scambio ionico (5) si basa sulla densità del polietilene che è leggermente inferiore all’acqua pura (950 kg/ m3). Quindi supponendo di realizzare sfere forate che pesano 950 grammi, dotate di un tappo filettato, possiamo inserire fino a 50 grammi di resina che ha una densità di 1,2-1,3 Kg/l a secco, per far circolare le resine liberamente nell’acqua pura e di farle galleggiare in quella marina. Considerando che il volume delle resine bagnate aumenta del 50 – 70 %, il peso specifico delle resine diventa (0,7 – 0,8 kg/l), pertanto, possiamo ipotizzare che le resine galleggiano all’interno delle sfere di polietilene, anche nell’acqua pura. Questa condizione è l’ideale per lo scambio ionico con il volume di acqua contenuto nella sfera, certamente più efficace di un flusso di acqua che attraversa un letto compatto di resine. Questo comporta un notevole risparmio sulla quantità di resine necessarie.

Per funzionare correttamente l’impianto, nel bacino (F) le sfere che portano le resine devono essere svuotate di acqua e inviate al circuito di rigenerazione (E). Pertanto, nel serbatoio (F) come si vede anche da un dettaglio estratto dalla “fig. 1”, e in pianta nella “fig. 2”, è stato creato un pezzo speciale (5.2) collegato superiormente allo scambiatore ionico (5) forato su tutta la superficie esterna e collegato, tramite lo scivolo di raccordo in lamiera (5.3) al foro di entrata del tubo di discesa e svuotamento delle sfere (6), posto al di sopra della quota di sfioro del serbatoio F (D). Pertanto nel tubo (6) le sfere si svotano dell’acqua e trasportano soltanto le resine. L’acqua recuperata dal tubo di discesa delle sfere (6) è reinserita nell’impianto attraverso la valvola di ritegno (21) e una saracinesca motorizzata (19) da una delle due bocche aspiranti di un’altra pompa con doppia alimentazione (1). L’altra bocca aspirante è alimentata dal tubo (C) che proviene del bacino superiore (F).  Quando il tubo (6) è vuoto di acqua la sonda di minimo livello (20) fa chiudere la valvola (19) e aprire un altro collegamento (C) che proviene ugualmente dal serbatoio F.  Pertanto, anche in questo caso, entrambe le bocche di aspirazione sono alimentate con acqua proveniente dal bacino F, con il massimo livello idrostatico e si produce il massimo dell’energia nella turbina 2, fino a quando non aumenta il livello dell’acqua nel tubo (6), che rilevato da un altro sensore (20) riapre la valvola di svuotamento e chiude quella del tubo (C).

Ovviamente, l’operazione di svuotamento dell’acqua dalle sfere è indispensabile per passare da una fase all’altra del processo. Non può essere interrotta nemmeno quando entra acqua salata dal filtro di aspirazione (B), pertanto si usano due circuiti separati, dotati entrambi di pompe e turbine. Questo non penalizza le prestazioni dell’impianto di scambio ionico, ma aumenta le prestazioni dell’impianto energetico abbinato. L’impianto di dissalazione si può realizzare anche con il riciclo delle sfere e con pompe normali, ma la due novità sono messe insieme per realizzare impianti con prestazioni superiori e multidisciplinari. Infatti, essendo l’impianto progettato anche per produrre energia, è necessario l’impiego delle pompe con doppia alimentazione e assicurare sempre, almeno su una delle due bocche aspiranti collegata con un tubo (C) di riciclo e pressurizzazione dinamica, dotando entrambi i collegamenti di una valvola di intercettazione motorizzata (19).  Con tale sistema consentiamo la pressurizzazione delle pompa (1) e quindi la produzione dell’energia, anche durante la fase di caricamento dell’acqua da dissalare e quando non c’è acqua da recuperare dallo svuotamento delle sfere. 

 Le sfere, vuote di acqua, ma contenenti le resine, accumulate verticalmente nel tubo (6), tramite il pezzo speciale (6.1) sono trasferite, una per volta, al circuito di lavaggio e rigenerazione (E). Infatti, osservando la fig. 1, si può notare che le sfere per gravità sono spinte contro la prima valvola a ghigliottina (7), che si apre con il consenso della sonda di minimo livello (20), lasciando passare le sfere (la seconda valvola s ghigliottina è di riserva e si lascia sempre aperta). Il circuito di sfere attraversa senza soluzione di continuità il primo lavaggio (8), la rigenerazione (10) e il secondo lavaggio (11), che avvengono per semplice immersione, essendo le sfere guidate da un semplice telaio aperto, realizzato con tondini di acciaio inox. Alla fine del secondo lavaggio, le sfere sono spinte contro la della prima valvola a ghigliottina (7), la quale ne lascia passare una per volta, in quanto la seconda valvola a ghigliottina deve impedire il flusso inverso dell’acqua dal tubo (5). Pertanto, le sfere stazionano una per volta tra una saracinesca e l’altra e dopo la chiusura della prima si apre la seconda inserendo la sfera nel flusso di acqua che proviene dal tubo (4) attraverso il pezzo speciale 4.1, appositamente forato nella parte inferire. Anche il cono concentrico è forato su tutta la superficie per consentire il passaggio dell’acqua senza perdite di carico dal tubo (4) al (5).

L’intero sistema deve essere gestito globalmente, sia dal punto di vista chimico, per diluire la salinità dell’acqua in arrivo, sia elettromeccanico e idraulico, per sfruttare al meglio le pressioni idrauliche disponibili, e quindi produrre il massimo dell’energia.  Nel funzionamento a regime, l’acqua desalinizzata è prodotta in base all’abbassamento del livello dei serbatoi di accumulo acqua   (H), che per gravità distribuiscono l’acqua alla rete di consumo (I).  Quando questi richiedono acqua, la precedenza dei settori da alimentare con priorità dai filtri di aspirazione (B) dipende dalla qualità dell’acqua rilevata dalle sonde di controllo (22 -23) della salinità e del PH, mentre per la potenzialità dell’impianto dipende dal numero di scambiatori ionici, dalla grandezza degli stessi, dalla quantità di resine in circolazione nelle sfere. Per quanto riguarda l’energia elettrica prodotta dall’impianto, come si vede dalla fig.1, ogni scambiatore ionico è dotato di due gruppi pompa-turbina, che possono avere qualsiasi dimensione, lavorando con bassissime pressioni di esercizio.    Nelle figure 2, 3, 4, si vede che l’impianto proposto come esempio è diviso in otto settori, ma potrebbero essere anche di più o di meno, secondo le esigenze dell’impianto e delle portate richieste dal territorio. Ogni settore, come detto nella fase introduttiva, può essere specializzato nelle seguenti versioni: 1) Resine cationiche forti, 2) Resine cationiche deboli, 3) Resine anioniche forti, 4) Resine anioniche deboli, 5) Resine selettive chelanti per diversi metalli pesanti. Quindi, abbiamo un’ampia scelta gestionale per dissalare e per depurare, producendo e distribuendo energia, invece di consumarla.

La disposizione a raggiera dei tubi verticali di scambio ionico (5) e relative rigenerazioni, intorno al serbatoio di accumulo e riciclo (F), consente di miscelare le portate trattate, da ogni impianto, aiutate anche da qualche agitatore sommerso (26). E’ importante soprattutto, il fatto che le acque desalinizzate escono dal punto più alto dell’impianto. Pertanto, possono essere trasferite a decine di chilometri di distanze per gravità. Basti pensare che una tubazione DN 1000 con una portata di 1000 L/s e una velocità dell’acqua di 1,27 m/s secondo le tabelle calcolate con la formula di Bazin-Fantoli ha una perdita di carico di soli 1,5 m /km.  Quindi con un impianto alto 15 metri, possiamo trasferire l’acqua desalinizzata a 10 chilometri di distanza.  Ma quello che è altrettanto importante è il fatto che usando lo stesso sistema idraulico anche nei successivi impianti di sollevamento, con le pompe a doppia alimentazione abbinate alle turbine (come riportato nella Fig 8 del prossimo capitolo), l’acqua dissalata si può trasportare a centinaia di chilometri di distanza, persino sollevandola sulle colline e le montagne, producendo lungo il percorso molta più energia di quella che si consuma per il trasporto dell’acqua. 

Capitolo 2

Deposito di brevetto italiano N. 102015000048789 del 04/09/2015

IMPIANTI IDROELETTRICI CON SOLLEVAMENTO, RICICLO E DISTRIBUZIONE ACQUA.

Legenda  Fig. 8: (acg) alternating current generator = generatore di corrente alternata; (ai)  axial impeller = girante assiale; (C) collector = collettore;  (oipds) overturned intubated pump with dual suction = elettropompa  intubata capovolta con doppia alimentazione; (csp) connection systems pipe = tubo di collegamento impianti;   (cst) containment system tube = tubo di contenimento impianto; (cv) check valve = valvola di ritegno; (dgh) delivery geodetic height = altezza geodetica in mandata; (dthdc) deviation towards hydraulic drainage canals = deviazione verso canali di bonifica idraulica; (ecpc) electrical current produced cable = cavo con corrente elettrica prodotta; (fcp) flange for coupling to the pump = flangia per accoppiamento alla pompa; (fdsfs) flanged dual supply and flow separator = doppio alimentatore flangiato e separatore di flusso; (fss) flow separator in sheet steel = separatore di flusso in lamiera di acciaio; (htva) hydraulic turbine with vertical axis = turbina idraulica con asse verticale; (mpl) probe of the minimum or maximum level = sonda di minimo o massimo livello;  (od)  overflow discharge = scarico di troppo pieno; (sav) supply additional valve  = valvola di alimentazione supplementare; (sgh) suction geodetic height = altezza geodetica in aspirazione; (sov) shut-off valve = valvola di intercettazione; (srip) supporting ring for intubate pump = anello di supporto per sostegno turbina intubata; (srt) supply reservoir tube = tubo di alimentazione serbatoio; (sss) shaped sheet steel = lamiera di acciaio sagomata; (tcp) tube containing the pump = tubo contenente la pompa; (tpups) three-phase UPS = gruppo di continuità trifase; (wdn) water distribution network = rete di distribuzione idrica; (wddr) water distribution and disconnection reservoir = serbatoio di distribuzione idrica e disconnessione.

In questi semplici impianti, il battente idrostatico, misurato in metri di colonna d’acqua è scelto dopo avere accuratamente calcolato le perdite di carico nella turbina e nei tubi, per posare l’asse della pompa nel punto esatto in cui la pressione dinamica positiva sulla pompa  possa da sola equilibrare le resistenze alla circolazione dell’acqua, compresa la turbina. La pompa ha solo il compito di vincere lo stato d’inerzia dell’acqua all’interno dei tubi che alimentano la pompa e la turbina, consumando pochissima energia, essendo posizionata tra due carichi uguali e contrari. La rotazione della pompa, posta in tali condizioni, produce nell’ intera colonna d’acqua sovrastante pompa, la discesa dell’acqua separata dalle acque statiche circostanti, producendo un’energia cinetica (1/2* m*V2), derivata da (m*g*h) che è sfruttata nella turbina per produrre energia elettrica. Anche le perdite di carico nelle valvole e nei tubi possono essere addebitate all’energia cinetica sviluppata dall’acqua che scende dal bacino superiore, se sono state dimensionate correttamente le sezioni di passaggio. Supponendo che il rendimento complessivo della turbina e generatore di corrente accoppiato sia 0,8. La potenza utile erogabile da una turbina che sfrutta interamente il carico utile Hu di 50 m, con una pompa intubata che ha una portata di 1 m3/s, sarà Pu = η*1000*Q*Hu/102 = 0,8*1000*1*50/102 = 392 KW; mentre per far ruotare la pompa nelle condizioni di equilibrio tra il battente positivo e la turbina basta una prevalenza di pochi cm di colonna d’acqua. Supponendo di lavorare con una elettropompa che abbia la stessa portata, la prevalenza 0,2 e il rendimento 0,7, la potenza assorbita è 2,8 KW (1000*0,2/102* 0,7). Il rapporto tra energia prodotta e spesa è 392/2,8 = 140. Nessuno ha mai pensato di poter produrre energia attingendo da fonti energetiche statiche come la pressione atmosferica e l’altezza idrostatica sulle pompe, sebbene, queste siano, da sempre considerate nei calcoli idraulici ai fini della determinazione delle prevalenze degli impianti e delle pompe e quindi, anche del risparmio energetico nei sollevamenti idraulici. Infatti, se è possibile lo sfruttamento del battente idrostatico per risparmiare energia pompando le acque verso l’alto per vincere la pressione atmosferica, è anche possibile trasformare in energia il battente idrostatico assecondando la pressione atmosferica, non sollevando ma spingendo le acque statiche verso il basso, previo intubazione delle stesse, partendo dalla superficie dell’acqua.  Come si vede dalla Fig. 8, il collettore (c), che raccoglie l’uscita dell’acqua delle turbine, può essere considerato, come il fondo del serbatoio (wddr), mentre il tubo verticale (srt) il prolungamento, pertanto, la perdita di carico da considerare è quella di uno sbocco in vaso aperto, come negli impianti sommersi, a cui si aggiungono soltanto le perdite di carico nei tubi, non quelle per superare il dislivello. Le leggi dell’idraulica sono chiare, sia per quanto riguarda lo sfruttamento di Hga in aspirazione della pompa, sia per quanto riguarda le perdite di carico in un circuito idraulico in vaso aperto dal quale partono le acque aspirate e ritornano quelle pompate. Il battente positivo da realizzare sull’asse della pompa e dato dalla somma della altezza utile (Hu) richiesta dalla turbina più le perdite di carico nei tubi (pdc) e allo sbocco (pds). Anche la lunghezza della rete idrica che collega i serbatoi (wddr) può essere addebitata al battente idrostatico. Infatti, se aumentiamo la distanza tra un bacino e l’altro, non dobbiamo aumentare la prevalenza delle pompe ma il battente sulle pompe che costa molto di meno. Aumentando i diametri dei tubi riduciamo l’altezza degli impianti e le pressioni di esercizio. La prevalenza da assegnare all’impianto e alla pompa “H” è uguale alla somma algebrica di: (+) Hgea (-) Pdc (-) Pds, dove:

Hga (m) = (sgh) prevalenza geodetica in aspirazione: distanza tra il livello superiore dell’acqua in aspirazione e l’asse della pompa. Hga, nel nostro caso, ai fini energetici, è positiva poiché la pompa è sottoposta al livello dell’acqua.

Pdc (m) = somma di tutte le perdite di carico dell’impianto, le quali, ai fini dell’assorbimento dell’energia di pressione sono da considerare con il segno negativo. Nel nostro caso sono rappresentate dal tubo di discesa, i pezzi speciali, le resistenze alla rotazione della turbina, la velocità nel tubo (rst) di collegamento al serbatoio.

Pds (m) = perdita di carico allo sbocco nel collettore e nel serbatoio superiore (V2/2g).  

Non superando mai con il tubo (rst) il livello del bacino (wddr), pompando nella direzione della pressione atmosferica la prevalenza dell’impianto tende ad azzerarsi equilibrando le perdite di carico con il battente idrostatico. Ovviamente, per avere il massimo dell’energia prodotta conviene concentrare le perdite di carico nella turbina riducendo le altre, ampliando i diametri dei tubi e riducendo le lunghezze. Infatti, il collettore (c) e il tubo (rst) è rappresentato di grande dimensione rispetto agli altri tubi per indicare la continuità volumetrica del serbatoio. In questi impianti sfruttiamo dinamicamente il principio di Pascal: utilizzando la pressione idrostatica del bacino superiore per sollevare la portata d’acqua del bacino inferiore immessa nel circuito di riciclo grazie alla pompa a doppia alimentazione, senza consumare energia. Oltre al principio di Pascal, questa possibilità è confermata dai pozzi artesiani, dove le acque sotterranee arrivano direttamente in superficie senza l’aiuto delle pompe. Non è la pompa a sollevare l’acqua, ma senza la doppia alimentazione della pompa l’acqua non avrebbe potuto essere inserita nel circuito di riciclo per essere sollevata.

Infatti, la chiusura della valvola (sav) che alimenta il lato sinistro della pompa, consente di alimentare tale lato con l’acqua del bacino posto al livello inferiore, la miscelazione e la somma delle due portate, che avvengono nella pompa, consentono il ripristino del massimo livello idrostatico del serbatoio senza consumi energetici apprezzabili. Raggiunto tale livello, si chiude l’alimentazione dell’acqua da sollevare (sov) e si apre di nuovo l’alimentazione con l’acqua di riciclo del bacino superiore (sav), fino a quando il livello dell’acqua non si abbassa di nuovo e richiede un nuovo sollevamento di acqua. Ovviamente, questo sistema può essere utilizzato per grandi e piccole portate e grandi e piccoli dislivelli. Osservando la Fig. 5, la pressione dinamica che circola nel lato destro dell’ingresso della pompa è trasmessa anche a quella che entra dal lato sinistro. L’acqua con minore pressione idrostatica è inserita nel circuito di riciclo del bacino superiore e quindi sollevata, ma la turbina continua a produrre energia quasi al massimo livello se le sezioni di passaggio dell’acqua sono adeguate alla trasmissione pressione dinamica del bacino superiore. All’uscita della turbina l’acqua esce nel collettore (C) che è anche il fondo del vaso aperto, che ha fornito l’acqua, la pressione statica e dinamica e per produrre energia nella turbina. E’ importante notare che in questi impianti realizziamo sinergie non solo tra le pompe e le turbine, ma anche tra i principi idraulici sui quali si basano. Il vantaggio energetico lo abbiamo facendo la differenza tra l’energia prodotta nella fase di discesa delle acque e quella consumata nelle perdite di carico, escludendo quelle della risalita delle acque perché nei bacini sempre pieni, a volume costante, l’acqua non deve essere sollevata; sfatando anche il mito della contropressione all’uscita della turbina perché la pressione statica non si oppone all’energia cinetica, se non per l’attrito tra le molecole, dovuto alla differenza di velocità (V2/2g). La rappresentazione è simbolica e riporta una sola pompa per impianto, ma come negli impianti di sollevamento attuali, possono esserci molti gruppi di  pompe – turbine in parallelo, purchè ogni ogni gruppo abbia almeno una bocca collegata direttamente al bacino superiore con il tubo di pressurizzazione dinamica. Con il simbolo (c) si indica il collettore di mandata che può essere comune a più gruppi pompe-turbine in parallelo, purchè di grande sezione, per ridurre le perdite di carico di attrito con le pareti del tubo. Tuttavia, solo il collettore (C), il tubo di alimentazione (srt) e quello di collegamento con l’impianto successivo (csp) sono in comune. Infatti, ogni pompa, pompando verso il basso, produce energia cinetica nel proprio tubo, che si dissipa nella turbina, appositamente dimensionata, pertanto la risalita dell’acqua al serbatoio (wddr) avviene senza energia, solo in base al principio dei vasi comunicanti. Anche il collegamento tra i vari serbatoi (csp) deve essere di ampia sezione, dovendo alimentare le pompe a doppia alimentazione del sollevamento successivo, che può essere posto a molti chilometri di distanza.  Quando non c’è prelievo dalla rete idrica (wdn), che consuma l’acqua, non c’è bisogno del sollevamento dell’acqua, pertanto l’impianto serve solo a produrre energia. In questo caso, anche il lato sinistro della pompa è alimentato dal bacino superiore tramite la valvola telecomandata (sav) e abbiamo il massimo dell’energia prodotta. Quando, invece, a causa dei prelievi della rete si abbassa il livello di un serbatoio (wddr), il sistema di controllo, basato appunto sui livelli dei serbatoi, chiude la valvola (sav) di quel serbatoio e automaticamente, lato sinistro della pompa è alimentato dal bacino (wddr) inferiore tramite la valvola di ritegno (cv). Ovviamente, l’operazione comporta l’abbassamento del livello del bacino inferiore, e il controllo del livello di quel serbatoio, a sua volta, chiude la valvola (sav) e l’acqua che alimenta il lato sinistro è prelevata dal bacino posto a un livello ancora inferiore. Tutto questo avviene mentre la pompa e la turbina sono sempre in rotazione producendo energia. Pertanto, mentre negli impianti attuali di sollevamento acque l’automatismo basto sui livelli mette in funzione un numero di elettropompe sempre superiori per compensare il prelievo dalla rete, negli impianti in oggetto le elettropompe sono sempre in funzione. Sono le valvole (sav) che determinano dove prelevare l’acqua che alimenta il lato sinistro della pompa.  Il numero delle valvole (sav) che si chiudono, e il tempo di chiusura, dipende dal tempo che si impiega per ripristinare il livello nominale che corrisponde alla quota di sfioro dello scarico di troppo pieno (od). Come si può notare, nel circuito idraulico di collegamento tra il serbatoio iniziale (wlb) e il primo bacino (wddr1) la valvola (sav) è posizionata sul tubo di scarico (od).  Infatti, il livello del serbatoio (wddr1) deve essere mantenuto sempre al massimo livello idrico (mpl), fornendo l’acqua che sfiora che sfiora dal troppo pieno e contribuendo alla produzione energetica. Quando si abbassa il livello (wddr1), si chiude la (sav) e si apre la (sov), consentendo l’alimentazione dell’acqua direttamente del lato sinistro delle pompe attraverso il bacino iniziale (wlb) tramite le valvole di ritegno (cv).

Capitolo 3

Deposito di brevetto italiano N. 102016000058416 del 07/06/2016

SISTEMA DI GALLEGGIAMENTO CON TUBI IN POLIETILENE ESTRUSI, NERVATI, RINFORZATI E RIEMPITI DI POLISTIROLO.

Riassunto

Il grave ritardo nello sviluppo dello sfruttamento delle risorse marine e nella protezione globale dell’ambiente è dovuto a molti fattori, tra i quali anche l’assenza di sistemi economici e inaffondabili di galleggiamento. Tuttavia, tali sistemi non potevano essere studiati nel dettaglio senza intravedere soluzioni tecniche che possano portare alla colonizzazione in massa delle piane oceaniche. Infatti, attualmente, non ha senso questa colonizzazione, essendo le piane oceaniche inospitali per la vita umana, sia perché la dissalazione dell’acqua non è sostenibile, sia perché anche dal punto di vista alimentare, le piane oceaniche non sono produttive. La produzione di pesce si concentra nelle zone vicine alle coste, dove i venti e le correnti marine consentono la produzione di fito plancton e zoo plancton, e quindi la produzione di cibo per la grande varietà di specie ittiche e per gli uomini.  Ma le cose potrebbero cambiare perché con l’invenzione degli “impianti galleggianti, idroelettrici, dissalatori, estrattori di calcio e carbonio dalle acque marine profonde” sarà possibile tale colonizzazione e quindi, urge anche un sistema sostenibile e affidabile di galleggiamento. Infatti, studiando un impianto galleggiante che produce energia desalinizza le acque e solleva in superficie una parte delle acque profonde, ricche di calcio carbonio solubilizzati in tali acque, automaticamente produciamo in superficie fitoplancton e alcalinità, incrementando la pescosità e combattendo l’acidificazione delle acque e il riscaldamento globale. In tale progetto sono stati inseriti i tubi trafilati nervati in polietilene a bassa densità, insufflati di polistirolo espanso, per rendere inaffondabili gli impianti. Ovviamente, dovranno essere rese inaffondabili anche le isole galleggianti che si collegheranno a questi impianti e le strade, ugualmente galleggianti, che serviranno da collegamenti.  Pertanto, i pur validi sistemi di galleggiamento esistenti, utilizzati per la realizzazione di cantieri marini, dovranno cedere il posto a produzioni di grande serie che possono essere realizzate soltanto per estrusione. Anche il trasporto in mare di tali tubi deve essere economico e sostenibile, assemblando, in cantieri navali le strutture galleggianti più importanti e ingombranti e trasportandole sul posto per mezzo di rimorchiatori.  

.DESCRIZIONE

 Allo stato dell’arte, sebbene esistano valide tecnologie di galleggiamento con elementi modulari in polietilene accoppiabili in senso verticale e orizzontale per mezzo di profilati in acciaio zincato o inox, questi moduli, realizzati per stampaggio, hanno un alto costo di produzione. Possono essere utilizzati, come lo sono, per realizzare case galleggianti, cantieri marini e lacustri, strade provvisorie etc. Ma per un impiego di grande serie, come quello ipotizzato per la realizzazione degli “impianti galleggianti, idroelettrici, dissalatori, estrattori di calcio e carbonio dalle acque marine profonde”  e le attività indotte che comporteranno, si ritiene molto più economica la seguente soluzione, che prevede di ricavare gli elementi galleggianti direttamente per estrusione, come gli attuali tubi di polietilene, con la sola differenza che tali tubi saranno prodotti con nervature esterne forate a passi regolari, in modo da poterli accoppiare tra loro e alle strutture metalliche di contenimento o da sostenere, nelle svariate possibili composizioni. Inoltre, all’interno dei tubi possono essere inserite delle nervature a raggiera in profilati tubolari, montate su un asse tubolare centrale, disposte a passo regolare in funzione della profondità di immersione, certificate con apposita relazione di calcolo sulla resistenza del materiale in polietilene e metallico. Infine, i tubi saranno resi inaffondabili mediante il riempimento di polistirolo espanso sinterizzato, il quale ha una massa volumica compresa fra 10 e 40 Kg/mc, ed è quindi mediamente costituito dal 98% di aria e solo dal 2% di materiale strutturale di puro idrocarburo. Pertanto un eventuale danneggiamento di un tubo di galleggiamento, non provocherebbe l’immediato riempimento di acqua e l’affondamento, ma consentirebbe ampi margini di tempo per riparare il danno o sostituire il tubo danneggiato. Considerando che i tubi ricavati per estrusione possono essere prodotti di qualsiasi lunghezza, per economizzare i costi, non è azzardata l’ipotesi di realizzare gli stabilimenti di produzione vicino al mare, di assemblare i sistemi in cantieri navali costieri adiacenti, di rimorchiarli e trasportarli direttamente nella zona di lavoro definitiva, dove sarebbe più difficile e costoso il lavoro di assemblaggio, in generale. Ma, soprattutto, nel caso specifico degli “impianti galleggianti, idroelettrici, dissalatori, estrattori di calcio e carbonio dalle acque marine profonde”, per la complessità e l’importanza del lavoro da effettuare, è preferibile che la piattaforma cantiere, così come rappresentata nella Fig. 9, sia assemblata in un cantiere navale con tutte le attrezzature di montaggio riportate nella legenda (carriponte, cilindri oleodinamici, soppalco di lavoro colonne di argani elettrici) e trasportata sul posto da un rimorchiatore.

FIG. 9

La Fig. 9 mostra il punto di partenza, cioè il cantiere galleggiante dal quale nasce un “impianto galleggiante, idroelettrico, dissalatore, estrattore di calcio e carbonio dalle acque marine profonde”.  Questo impianto per poter estrarre il calcio e carbonio solubilizzati dalle alte pressioni idrostatiche nelle acque profonde deve scendere oltre i 4000 metri di profondità. Supponendo di realizzare un impianto che scende a 6000 metri, con tubazioni in acciaio Dn 1400, dal punto di vista della resistenza meccanica, le due tubazioni parallele per la lunghezza di 6 km Dn 1400 che servono per realizzare l’impianto possono essere della serie Api 5LX, grado X 70 con uno spessore di 10,31 mm, in acciaio con le seguenti caratteristiche: Ks = 70.000 p.s.i = 49,2 Kg/mm2; Kr = 82.000 p.s.i. = 57,6 Kg/mm2. L’acqua marina ha una densità di 1,025 kg/L pertanto a 6.000 m di profondità marina esercitano una pressione sul fondale pari a 6150 m di colonna d’acqua (1,025*6000) = 615 Kg/cm2 = 6,15 kg mm2. Pertanto la sollecitazione che esercita l’acqua sul materiale delle tubazioni è molto inferiore al carico minimo di snervamento. Questo significa che le tubazioni non possono essere deformate se i tubi sono pieni di acqua, pur avendo spessori minimi. Infatti, il problema da risolvere sono le sollecitazioni dovute al peso. E’ consigliabile usare tubi di alta qualità con bassi spessori. Il tubo X 70 Dn 1400 preso in considerazione ha lo spessore minimo della serie (10.31) e pesa 358,73 kg/m, che maggiorati del 15% per tener conto delle flange controventi etc., l’intero carico diventa (12.000*358.7*1,15) pari a kg 4.950.474, sottratto della spinta idrostatica verso l’alto, pari a (4.950.474*1,05/7,8) pari a 666.410 Kg, avremo un peso totale finale 3.767.710 kg, con una sezione resistente di circa 92.096 mm2 (1.422,4*3.14*10,31*2) che avrebbe una sollecitazione massima nei tubi posti superiormente (che sostengono l’intero carico) di 40,91 kg/mm2 (3.767.710/92.096).

Non esiste al mondo nessuna gru che possa sostenere il peso di quasi quattro milioni di kg, pertanto, per poter realizzare l’impianto che solleva il calcio e il carbonio dalle acque profonde è necessario realizzare sulla piattaforma un cantiere provvisorio con le attrezzature di montaggio che servono alla posa in opera delle tubazioni.

Al centro di questa piattaforma si realizza il foro di immersione (ih), di dimensioni tali da contenere i cilindri di sollevamento (hc) con la corsa utile di 6 m, sulla quale saranno montati una gru a ponte (bc) con tre paranchi, che servono per il montaggio e il trasporto in verticale di barre di tubi lunghe 12 m, la relativa struttura portante (ssbc), i telai a più piani portanti (tcswr).  Ogni piano contiene un argano elettrico con la relativa fune (sr). Quindi i tubi che sono calati nelle profondità marine mentre sono montati e nell’assetto definitivo sono sostenuti contemporaneamente dall’alto e dai quattro lati della piattaforma. I punti di sospensione laterali aumentano man mano che aumenta la profondità di immersione, sia per sostenere il carico, sia per contenere la sollecitazione laterale, dovuta alle correnti marine, sia per contenere la sollecitazione unitaria di trazione, dovuta al peso dei tubi. Le flange, visibili dai disegni, saranno saldate perché le sezioni dei bulloni rappresentano un punto debole nella resistenza a trazione. Le flange saranno di tipo speciale, utilizzate come supporti di sostegno per la calata delle tubazioni (dt-ut), per collegare le controventature e i tiri delle funi (sr). Considerando che il peso a metro lineare dei tubi in acqua con flange e controventi è stimato in circa 314 kg (3.767.710/12000), ogni barra di tubo da 12 m, compresi gli accessori pesa circa 3768 kg. Pertanto, se realizziamo un collegamento alla piattaforma ogni 60 m di profondità con corde del diametro di 30 mm, carico di rottura complessivo Kg 218.700 (3 x 72.900) sosteniamo l’intero peso dei 60 m (kg 18.400) con un coefficiente di sicurezza pari a 11,6 senza considerare il carico sostenuto dal tubo stesso, che, come abbiamo visto, comporterebbe una sollecitazione di trazione di 40,91 kg/mm2.

Come si vede dalla Fig. 9 la struttura galleggiante  utilizza un sistema oleodinamico per la movimentazione in verticale della colonna dei tubi (dt) e (dp), costituito da due cilindri oleodinamici verticali a semplice effetto (hc) con una corsa di circa 6 m, i quali scaricando l’olio idraulico nel serbatoio della centralina idraulica (othcu), abbassano gli steli dei cilindri e fanno abbassare l’intera colonna di tubi man mano che si assemblano e si montano anche le controventature con l’aiuto della gru a ponte (bc) e del soppalco (ls). Le tubazioni saranno preassemblate in fabbrica con le flange di supporto in elementi da 12 m. verniciate con cicli di resine epossidiche all’interno e all’esterno, lasciando soltanto i bordi da saldare in opera non verniciati che saranno verniciati in opera con lo stesso ciclo. Le controventature saranno zincate a caldo. Il calo delle tubazioni assemblate avverrà poggiando la colonna sulle staffe (hcb) montate sul telaio (sf) poste di traverso al foro d’immersione (ih). Il telaio (sf) è movimentato dai cilindri oleodinamici (hc) incassati nella struttura del foro di immersione (hi). Le staffe (hcb) sono dimensionate per il sostegno dell’intero carico (3.767.710 kg,). Supponendo di lavorare con una pressione di 250 bar per sostenere tutti carichi durante il montaggio. La sezione di ogni cilindro sarà circa 7535 cm2 (3.767.710 /2*250), a cui corrisponde un diametro interno di 98 cm. Una gru a ponte con tre paranchi con portata adeguata al sollevamento dei tubi e controventi alimenta gli elementi da assemblare e calare nel mare con l’aiuto di un soppalco (ls) che consente di lavorare su due piani. Per ridurre la sollecitazione dovuta al peso dei tubi sopra stimati, sono state previste tre funi (sr), (gia sopra citate) che collegano le singole barre dei tubi alla piattaforma di galleggiamento (sbp). Queste funi (sr) provenienti dagli argani contenuti nei telai a più piani (tcpwr) sistemati sul perimetro esterno della piattaforma galleggiante superiore, aggirano la struttura ed entrano nel foro di immersione (ih) e i capicorda con moschettoni sono sovrapposti sul perimetro del foro d’immersione su corrispondenti sei pioli, secondo l’ordine di immersione che dovranno avere nella discesa delle tubazioni. Infatti, ogni sessanta metri (pari a 5 barre di tubazioni), sei corde si agganceranno alle flange nervate, tre per ogni tubo, mentre il lato interno sarà collegato con i controventi (br). Pertanto, avremo n. 600 postazioni di argani (6000/60*6) disposte 150 per ogni lato della piattaforma (sbp) con i capicorda già portati vicino alla fossa di immersione. Non potendo avvolgere tutta la corda su un solo argano, ogni telaio (tcpwr) porta più argani sovrapposti Quando si esaurisce la corda di un argano viene svincolata e collegata con elementi di giunzione all’argano del piano inferiore, fino a che l’intero telaio si esaurisce e viene sostituito. Le corde che partono dalla periferia della piattaforma (mftp-sdp) non solo servono per alleggerire la trazione assiale dei tubi ma anche per controventare l’intera colonna in tutte le direzioni. Ovviamente, anche le ancore tipo navali (na) potranno essere calate con postazioni di argani (tvpwr) poste alla periferia della struttura galleggiante.

A montaggio ultimato si sosterrà il carico con staffe a morsetto fisso (cb) sulla struttura (a questo scopo l’ultima barra di tubazioni sarà flangiata con una sufficiente quantità di bulloni) e si fisseranno stabilmente tutti i capicorda delle 600 postazioni di argani sulla periferia della struttura. Dopo la posa in opera delle tubazioni che scendono nei fondali si fissano definitivamente sulla struttura metallica della piattaforma e si smontano tutte le attrezzature di cantiere, al posto delle quali si monta l’impianto di dissalazione, come si vede dalla Fig. 12 del capitolo 5.

Legenda della Fig 9.

(apos) abyssal plain ocean seabed = fondale piana abissale oceanica; (bc) bridge crane = gru a ponte; (bcb) bracket cross bracing = staffa per controventatura; (br) bracing = controventatura; (cb) clamp brackets = staffe a morsetto; (dt) descent tube = tubo di discesa; (f) filter = filtro; (fsp) flange for support pipe = flange per supporto tubazioni; (hc) hydraulic cylinder = cilindro oleodinamico; (hcb) hydraulic clamp brackets = staffe a morsetto oleodinamiche; (hcbf) hydraulic clamp brackets fixed on supporting base platform = staffe a morsetto oleodinamiche fissate sulla piattaforma di base portante; (ih)  immersion hole = foro d’immersione; (itia) intubate turbine with incorporate alternator = turbina intubata con alternatore incorporato; (ls) loft in steel = soppalco in acciaio; (mftp) modular floating tube made in polyethylene =  tubi galleggianti modulari in polietilene; (na) navy anchor = ancora marina; (osip) overturned submergible intubated pump = elettropompa sommergibile intubata capovolta:  (othcu) oil tank and hydraulic control unit = serbatoio olio e centralina oleodinamica; (sbp) supporting base platform = piattaforma di base portante; (sfep) special flanged end pieces = pezzi speciali flangiati di accoppiamento terminale; (ssbc) support structure bridge crane = struttura di sostegno gru a ponte; (tvdwi) throttling venturi deep water intake = stozzatura venturi per aspirazione acque profonde; (tcpwr) transportable chassis with many electric winches for the descent of the ropes = telaio trasportabile con molti argani elettrici per la discesa delle funi; (ut) uphill tube = tubo di salita; (wl) water level = livello acqua.

 Pur calcolando con precisione i pesi dei tubi da sostenere e dell’impianto di dissalazione definitivo, l’immersione della piattaforma nell’assetto definitivo si accerta soltanto alla fine del montaggio di tutti i tubi sospesi che scendono nelle profondità oceaniche, dopo lo smontaggio delle attrezzature di cantiere e il montaggio al loro posto dell’impianto di dissalazione. Per realizzare l’assetto definitivo del piano di galleggiamento della piattaforma, una percentuale dei tubi di galleggiamento posti superiormente dovrà essere riempita con aria compressa alla pressione di esercizio dell’immersione massima prevista. Alla fine del lavoro, tramite un attacco filettato, con valvola di by pass, l’aria potrà essere sostituita con acqua, se la piattaforma deve immergersi maggiormente nell’acqua. Se invece la piattaforma deve salire si devono aggiungere alla struttura altri elementi modulari galleggianti.

Non si entra nel merito del processo di produzione del tubo ma si individua soltanto la tecnologia di produzione, in quanto, l’estrusione occupa una posizione preminente per versatilità e vastità d’impiego. L’estrusione è un’operazione tecnologica che opera in continuo e in condizioni stazionarie per produrre diversi tipi di manufatti caratterizzati da sezioni simmetriche o asimmetriche che si ripetono identicamente lungo l’asse di estrusione.  Nelle linee essenziali, la produzione di un tubo in polietilene è molto semplice. Una linea di produzione di un tubo di polietilene è costituita da una tramoggia di carico dei granuli del materiale polimerico che alimenta un estrusore, che è costituito da una pompa a vite che ruota, con accoppiamento molto preciso, all’interno di un cilindro riscaldato. Tra il cilindro ed il nocciolo della vite si trova il materiale fuso da estrudere che viene quindi forzato ad uscire attraverso una testa di estrusione. Il materiale fuso ruota ad una velocità inferiore a quella della vite e quindi viene spinto in avanti dalle creste dei filetti della vite e viene quindi forzato ad uscire attraverso una testa di estrusione.  Avendo previsto di realizzare un tubo con delle nervature forate che servono per il rinforzo del tubo e per i montaggi, i fori devono essere effettuati per mezzo di una punzonatura all’inizio della entrata nella testa di estrusione, quando il materiale è ancora plastico, in sincronia con un eventuale rallentamento della velocità di avanzamento del materiale nella testa di estrusione. Non ha importanza se per esigenze di lavorazione la punzonatura produrrà delle asole al posto dei fori. La funzione che devono svolgere i fori o le asole è identica.

Si riportano di seguito le  principali caratteristiche di un tubo in polietilene a bassa e alta densità                                                                                                                                                                                    ( LDPE)        (HDPE)

Peso specifico a 23 gradi C. (g/ cm3)                0,917 –  0, 925          0,95 –  0,96

Punto di fusione cristallografico (oC)                     105 – 115               125 – 135

Resistenza a trazione  (kg /cm2)                               80 – 170                 250 -350

Allungamento a rottura (%)                                     400 – 650                100 – 300

Rigidità flessionale  (kg / cm2)                                800 – 900              9.000 – 12.000

Considerando che i tubi in polietilene, per galleggiamento devono essere di dimensioni abbastanza grandi per svolgere la loro funzione potrebbero anche essere usati, parzialmente, come tubi di discesa e salita delle acque che estraggono il calcio e il carbonio dalle profondità  oceaniche.  Infatti, Se raffrontiamo la resistenza alla rottura tra il tubo (HDPE)  di 250 Kg / cm2 = 2,5 Kg / mm2 rispetto all’acciaio Api 5LX che ha un carico di rottura di 57,6 Kg/mm2, possiamo dire che l’acciaio è ventitré volte più resistente del polietilene ad alta densità, ma considerando che le tubazioni di  polietilene si realizzano con spessori almeno quattro volte superiori a quelli dell’acciaio, possiamo dire che la differenza di resistenza si riduce a circa 5,75 volte. Ma considerando anche che le sollecitazioni statiche potrebbero anche essere raddoppiate nell’acciaio senza gravi problemi, possiamo asserire con certezza, che un terzo del percorso in profondità dei 6000 m previsti nell’esempio di impianto considerato, si può realizzare con tubazioni HDPE, alleggerendo il carico da sostenere di un terzo, essendo le tubazioni in HDPE più leggere dell’acqua. Inoltre, considerando che il polietilene è un polimero sintetico a base di carbonio non è consigliabile utilizzarlo con le altissime pressioni che potrebbero indurre a fenomeni di dissoluzione della molecola sintetizzata.  Nel caso di impiego delle tubazioni HDPE come tubi di discesa e risalita negli impianti di estrazione del calcio e carbonio dalle profondità oceaniche, il passaggio dall’acciaio al polietilene si realizza per mezzo di accoppiamento flangiati e tutto il carico assiale dovuto al peso dei tubi in acciaio sottostanti deve essere supportato dagli argani periferici della piattaforma (tcswr) non dai cilindri oleodinamici centrali (hc), anche durante la fase di montaggio. Le nervature forate dei tubi, concepite per il montaggio delle soluzioni galleggianti saranno utilissime anche per l’impiego suddetto, sia per il sostegno, sia per l’irrigidimento laterale.

Per l’impiego dei tubi come galleggianti, è stato previsto il rinforzo interno degli stessi mediante una raggiera di profilati in acciaio, con sei raggi, coincidenti con le nervature esterne, dove saranno applicati i carichi e i collegamenti meccanici. La raggiera sarà montata e fissata su un asse tubolare e fissata con viti a mordente sullo stesso, mentre la parte periferica dei raggi è tenuta insieme da una fascia di lamiera calandrata. Nella Fig. 10 si riporta la sezione tipo di un tubo di galleggiamento.

FIG. 10

Legenda

(1)Tubo in polietilene diametro esterno 1500 spessore 30 mm; (2) nervatura esterna del tubo in polietilene 80*30 con fori di montaggio; (3) lamiera calandrata 100* 5 mm diametro esterno 1434;  (4) tondo di acciaio diametro 20 mm; (5) Tubo liscio diametro 70, lung. 80, spessore 3 mm; (6) tubo liscio diametro 60 spessore 3 mm lunghezza uguale al tubo 1.  

Come sopra accennato i tubi di galleggiamento per l’importanza che assumeranno dovranno essere certificati sia per il materiale esterno polietilene a bassa o alta densità, sia con relazioni di calcolo riguardanti i rinforzi interni, in modo da poter individuare anche la immersione massima degli stessi.  Inoltre, dopo il montaggio dei rinforzi interni i tubi saranno riempiti di polistirolo espanso, e dopo l’evaporazione del gas di espansione tappati definitivamente con lastre circolari saldate di polietilene. Il polistirolo espanso non aumenterà la resistenza meccanica dei tubi ma impedirà l’entrata dell’acqua nel caso di rottura per lungo tempo per consentire la riparazione del danno senza pericoli di affondamento.  

Il Polistirolo Espanso Sinterizzato (EPS) si ricava dal Polistirene (chimicamente chiamato PS) è una delle principali materie plastiche che derivano dal petrolio. L’EPS è un materiale espanso rigido di peso ridotto, derivato dal petrolio composto esclusivamente da atomi di carbonio e di idrogeno. E’ una struttura a celle chiuse in grado di trattenere al loro interno l’aria. Allo stato compatto il Polistirene è un materiale rigido, incolore, trasparente che trova applicazione soprattutto nell’imballaggio e in quei campi che richiedono un polimero di facile lavorabilità, trasparenza, di buone prestazioni termo-meccaniche. L’EPS è una delle forme più importanti in cui è impiegato il Polistirene. Per ottenerlo si scioglie nel Polistirene un agente espandente (comunemente pentano) e lo si tratta con altri additivi per conferirgli caratteristiche di resistenza al fuoco. Il prodotto si presenta in forma di granuli d’aspetto vetroso (perle), di varia granulometria (0,3-2,8 mm) secondo gli impieghi cui è destinato.

L’espansione, ossia il processo chimico-fisico che porta alla formazione delle “perle” di polistirolo, avviene tramite somministrazione di energia al polistirene espandibile – la materia prima – senza utilizzo di CFC. Mettendo a contatto le perle così ottenute con vapore acqueo a temperatura superiore ai 90° C, il pentano in esse contenuto si espande causando un aumento del loro volume iniziale fino a 20-25 volte e facendo formare al loro interno una struttura a celle chiuse che trattiene al proprio interno l’aria e conferisce al prodotto le sue eccellenti proprietà di isolante termico.

Per ottenere l’EPS è comunque necessaria un’ulteriore operazione chiamata “sinterizzazione” che è il processo di saldatura e di compattazione delle perle di polistirene espanso; la si attua sottoponendo nuovamente i granuli all’azione del vapore acqueo che li unisce fra loro, fino a formare innumerevoli articoli: blocchi di alcuni metri, particolari stampati mediante un processo termoplastico di “iniezione”, ecc. Per conferire ai prodotti precise caratteristiche tecniche vengono aggiunti vari additivi. Per l’idrorepellenza si impiegano degli stereati.

Il polistirene espanso sinterizzato ha generalmente massa volumica compresa fra 10 e 40 Kg/mc, ed è quindi mediamente costituito dal 98% di aria e solo dal 2% di materiale strutturale di puro idrocarburo. Il pentano utilizzato per l’espansione, evapora al termine del processo nel quale, contro ogni luogo comune, non vengono usati i clorofluorocarburi dannosi per la fascia di ozono.

Caratteristiche tecniche

 La densità del polistirolo espanso è compresa tra 0,02 e 0,06 g/cm3.

Il polistirolo termoplastico è fisiologicamente innocuo e consentito anche per imballaggi di prodotti alimentari. Lo stesso vale anche per il materiale termoisolante. Nella produzione di EPS non vengono usati, né sono mai stati usati, i clorofluorocarburi – CFC – dannosi per la fascia di ozono che circonda la nostra atmosfera. L’EPS è privo di valori nutritivi in grado di sostenere la crescita dei funghi, batteri o altri microorganismi quindi non marcisce o ammuffisce. L’EPS non costituisce nutrimento per alcun essere vivente. Il polistirolo non brucia a fiamma viva, ma rammollisce a partire da 95 °C e a 230 °C sprigiona prodotti di decomposizione che sono infiammabili; tra i 450 °C e i 500 °C si incendia spontaneamente. Nella combustione di polistirolo si formano gas di odore acre (CO, stirolo, benzolo, toluolo, agenti antifiamma) che però non sono tossici, escludendo il CO.

Capitolo 4

Deposito di brevetto italiano N. 102016000058018 del 07/06/2016

IMPIANTO GALLEGGIANTE, IDROELETTRICO, DISSALATORE, ESTRATTORE DI CALCIO E CARBONIO DALLE ACQUE MARINE PROFONDE.

Riassunto

Lo stato dell’arte nello sviluppo dei trattamenti di desalinizzazione e demineralizzazione delle acque marine e salmastre è stato condizionato, insieme ai sistemi industriali, depurativi, energetici, alimentari e protettivi dell’ambiente, dall’assenza di sinergie tra le pompe e le turbine idrauliche e dall’errato approccio con la forza gravitazionale, che non deve essere vinta dai sollevamenti idraulici ma assecondata, con circolazione d’acqua a senso unico, soprattutto, nel mare, nei grandi bacini, in serbatoi aperti. Con le pompe semplicemente capovolte abbinate alle turbine possiamo produrre a basso costo tutta l’energia che serve;  proseguendo la discesa  e la risalita dell’acqua nei fondali profondi, per effetto venturi, possiamo aspirare e sollevare piccole percentuali di acque profonde con altissime percentuali di calcio e carbonio in esse solubilizzati,  che risaliti in superficie, producono fitoplancton e alcalinità, incrementando la pescosità e combattendo l’acidificazione e il riscaldamento globale; mentre sulla piattaforma, galleggiante, realizzata con tubi estrusi nervati in polietilene a bassa densità, insufflati di polistirolo espanso, per renderli inaffondabili,  con la tripla sinergia tra le pompe a doppia alimentazione, le turbine e il riciclo dell’acqua marina, applicando principi idraulici noti da secoli, come quello dei vasi comunicanti, le leggi di Bernoulli e Pascal, ponendo, strategicamente, le elettropompe a doppia aspirazione tra un alto battente idraulico positivo e le turbine, possiamo dissalare grandi quantità di acqua, semplicemente trasformando un tubo verticale in uno scambiatore ionico e i tubi di riciclo e miscelazione in produttori di energia, mentre le resine sintetiche anioniche e cationiche, circolano contenute in sfere di polietilene forate come setacci. Tali sfere, galleggiano risalendo lo scambiatore ionico e discendono per gravità svuotandosi dell’acqua nei tubi di discesa. Per mezzo di deviatori cambiano il percorso rispetto al flusso dell’acqua per essere immerse in vasche di lavaggio e rigenerazione delle resine, e reinserite di nuovo, all’infinito, nel circuito di scambio ionico senza interruzione del ciclo di dissalazione e della produzione energetica e senza costi per riscaldare l’acqua o sostituire le membrane. Se vogliamo sfruttare le immense ricchezze marine, le soluzioni galleggianti non hanno alternative. Gli impianti devono essere progettati sostenuti dall’alto, poiché non esistono apparecchiature elettromeccaniche che possano lavorare alle profondità abissali. La sostenibilità degli impianti globali non si basa solo su alte tecnologie e materiali speciali ma soprattutto sui principi basilari fisici, chimici, idraulici e meccanici.

DESCRIZIONE

Il campo di applicazione di questa invenzione èl’esplorazione di nuovi sistemi impiantistici sostenibili per la sopravvivenza per la specie umana nel mare. La soluzione galleggiante non ha alternative, poiché non esistono apparecchiature elettromeccaniche che possano lavorare alle profondità abissali. A mala pena resistono materiali omogenei come l’acciaio. Pertanto gli impianti devono essere calati e sostenuti dall’alto, i materiali più pesanti dell’acqua, come l’acciaio lavoreranno in trazione, contrariamente a quando avviene nelle applicazioni realizzate alla pressione atmosferica, dove i materiali lavorano a compressione, scaricando tutte le forze sulle basi di appoggio.  Questo è un nuovo modo di progettare gli impianti che comporta vantaggi e svantaggi. Per il sottoscritto, sono molto di più i vantaggi.  Infatti, quest’impianto rappresenta il nucleo centrale intorno al quale gli uomini potranno sviluppare piccoli o grandi agglomerati umani nelle zone oceaniche, completamente autonomi dal punto di vista energetico e alimentare. Tutti sappiamo che al largo degli oceani le forme di vita di fitoplancton e zooplancton sono molto scarse perché la vita nelle acque marine si sviluppa soprattutto lungo le coste terrestri, dove, a causa dei venti, delle onde e delle correnti sottomarine si generano correnti ascensionali che portano in superficie i nutrienti sedimentati nei fondali, ricchi soprattutto di carbonio organico e inorganico. Questi nutrienti, riportati in superficie, producono una fascia superficiale di fitoplancton per mezzo della fotosintesi clorofilliana, che costituisce l’alimentazione di organismi animali acquatici; pertanto, nella stessa zona si crea anche spontaneamente il cosiddetto  zooplancton  di varie dimensioni costituito da microorganismi (alghe unicellulari, protozoi etc.), larve, piccoli animali (come i crostacei che formano il krill), ma anche organismi di una certa mole come meduse e alghe pluricellulari (quali i sargassi). L’insieme degli esseri viventi vegetali e animali formano il plancton che è caratterizzato da un alto tasso di biodiversità specifica dalla quale traggono la vita anche le specie ittiche maggiori.

Al Largo degli oceani, sebbene nei fondali ci siano immensi depositi di carbonio accumulati in miliardi di anni, la risalita del carbonio e del calcio precipitato nei millenni non può avvenire spontaneamente a causa delle grandissime profondità, pertanto è necessaria questo insieme di invenzioni, soprattutto, considerando, che le zone al largo degli oceani non sono soggette a onde alte e tsunami. Infatti, i frequenti terremoti che avvengono nelle profondità marine, raramente sono percettibili nelle acque superficiali, se avremo l’accortezza di realizzare queste opere a opportuna distanza dalle coste. La traduzione della parola “tsunami” dal giapponese, significa “onda nel porto”. Si tratta di una serie di onde che si generano in seguito a movimenti improvvisi del fondale marino dovuti a terremoti, eruzioni vulcaniche sottomarine, frane, impatti meteoritici. Gli Tsunami più devastanti sono provocati da spostamenti verticali (sollevamento o sprofondamento) della crosta terrestre lungo faglie e bordi della piattaforma oceanica. Considerando che con le tecnologie attuali possiamo realizzare strutture inaffondabili e inossidabili in materiale plastico e sulle stesse montare altre tecnologie che producono energia, dissalano e potabilizzano le acque, da queste invenzioni può iniziare la colonizzazione degli spazi oceanici che occupano il 71% della superficie terrestre. Infatti, una volta risolti i problemi energetici e dissalate le acque, per la realizzazione delle isole, abbiamo sufficienti energie per sviluppare abitazioni confortevoli e leggere. Ma se pensiamo anche alla tecnologia usata per la costruzione dei giardini pensili (che posano il terreno su vespai in materiale plastico ricoperto da tessuto filtrante), potremmo portare anche la coltivazione delle verdure fuori terra e avere vantaggi immensi, con una capacità di produzione alimentare ittica e vegetale oggi non immaginabile. Se si utilizzeranno le serre, la produttività, già sperimentata, è superiore al 50%, mentre l’acqua dissalata può essere, riciclata e depurata, senza inquinare le falde terrestri. Ma in questo deposito di brevetto ci occupiamo solo del nucleo centrale che produce lo stato iniziale della vita, che oggi non esiste, ma paradossalmente, potrebbe anche essere una vita migliore di quella che viviamo negli alveari metropolitani, non potendo immaginare su queste isole pesanti grattacieli e pesanti mezzi di trasporto. Tuttavia, possiamo immaginare una vita dotata di tutti i comfort tecnologici, con aria, acqua e alimentazione, migliori di gran parte delle terre emerse e meno pericoli di calamità naturali.

Quindi, questo impianto sinergico si concentra su quattro sistemi sostenibili non ancora realizzati sul pianeta Terra:

      1)   Il sistema di produzione di energia idroelettrica da acque statiche e con il riciclo dell’acqua, descritto nel capitolo 1 e 2

  • Il sistema di galleggiamento modulare sostenibile per mezzo di tubi in polietilene estrusi e rinforzati, descritto al capitolo 3.
  • Il sistema di sollevamento del calcio e carbonio solubilizzati nelle profondità oceaniche, descritto nel presente capitolo.
  • Il sistema sostenibile di dissalazione verticale dell’acqua per mezzo dello scambio ionico, abbinato alla produzione di energia, descritto nel capitolo 1.  

Questo sistema verticale consente di avere l’acqua dissalata prodotta nel punto più alto dell’impianto per distribuirla a notevole distanza per semplice gravità alle isole artificiali, che si svilupperanno intorno a questi impianti, che costituiranno il nucleo centrale di nuove attività industriali ed economiche, collegate con strade galleggianti.

Il punto di partenza per la realizzazione di questo impianto è il cantiere galleggiante della Fig. 9 dal quale nasce un impianto sinergico idroelettrico, dissalatore, estrattore di calcio e carbonio dalle acque profonde della Fig. 11.

Fig. 11

Le seguenti legende integrano la legenda del capitolo 1, in quanto l’impianto di dissalazione del capitolo 1 (Fig.1) è montato sulla struttura galleggiante del capitolo 3 (Fig. 9) che sostiene l’impianto progettato per l’estrazione del calcio e carbonio dalle acque profonde, dopo aver montato le tubazioni sottostanti e smontate le apparecchiature di cantiere.  

Legenda alfabetica della Fig.11:

 (A) bacino di arrivo acqua salata;  (B) filtro di aspirazione acqua salata con valvola di ritegno incorporata; (C)  tubo di riciclo acqua e pressurizzazione dinamica o cinetica della elettropompa; (D) livello nominale bacino superiore; (E) circuito di lavaggio e rigenerazione resine di scambio ionico; (F) serbatoio superiore di miscelazione e sfioro acque desalinizzate; (G) Mini impianto di produzione acqua deionizzata; (H) serbatoio di accumulo acque desalinizzate; (I) rete di distribuzione acqua desalinizzata; (L) serbatoio di accumulo acqua demineralizzata; (M) serbatoio con liquido rigenerante; (N) ingresso acqua discendente; (O) uscita acqua con calcio e carbonio;

Legenda numerica della FIG. 11:

(1) pompa capovolta con doppia alimentazione sul lato aspirante; (2) turbina sommersa con alternatore incorporato; (3) livello nominale bacino acqua da dissalare;  (4) tubo di alimentazione acqua da dissalare; (4.1) pezzo speciale per introduzione sfere con resine nel tubo di scambio ionico (forato nella parte inferiore); (5) tubo di scambio ionico; (5.1) tronco conico forato incorporato nel tubo 5; (5.2) pezzo speciale per  fuori uscita sfere dal tubo 5 (forato su tutta la superficie esterna e collegato al tubo 6 per mezzo dello scivolo 5.3); (5.3) scivolo in lamiera per la guida delle sfere nel tubo 6; (6) tubo di discesa sfere per lo svuotamento dell’acqua; (6.1) pezzo speciale per la deviazione delle sfere dal circuito di scambio ionico al circuito di rigenerazione (forato nella parte inferiore per lo scolo dell’acqua); (7) valvole a ghigliottina  automatizzate per arresto circolazione sfere (sono sempre aperte quando la sonda di minimo livello indica che il tubo 6 è vuoto di acqua; (7.1) valvole a ghigliottina  automatizzate per arresto circolazione sfere (si aprono una per volta); (8) primo tunnel per lavaggio a immersione delle resine; (9) percorso guidato delle sfere nei tunnel a immersione con un telaio aperto di  tondini di acciaio inox con salite e discese dotate di scivoli per la raccolta del liquido di svuotamento delle sfere; (10) tunnel per rigenerazione a immersione delle; (11) secondo tunnel di lavaggio a immersione delle resine; (12) elettropompa di estrazione fanghi dal serbatoio di arrivo; (13) elettropompa di estrazione fanghi di lavaggio resine; (14) elettropompa di estrazione fanghi di rigenerazione resine; (15) Telaio di sostegno impianto di demineralizzazione; (16) tubo di alimentazione acqua demineralizzata; (17)  valvola a galleggiante per alimentazione acqua demineralizzata; (18) valvola a galleggiante per alimentazione liquido rigenerante; (19) valvola motorizzata di intercettazione;  (20) valvola manuale di intercettazione;  (21) valvola di ritegno;  (22) sonda di controllo salinità; (23) sonda  di controllo PH.  (24) sonda di controllo minimo livello acqua del   tubo di svuotamento sfere; (25) agitatore sommerso.  

Descrizione del sistema di sollevamento del calcio e carbonio dalle acque profonde.

Come si vede dalla FIG. 11, l’acqua entra da (N) nel tubo a forma di “U” che scende nelle profondità oceaniche ed esce da (O). Grazie al principio dei vasi comunicanti, le pressioni interne ed esterne ai tubi immersi si equivalgono. Questo, non solo consente di sopportare grandissime pressioni, ma consente anche di utilizzare il peso della colonna di acqua sulla pompa intubata, orientata verso il basso, per creare correnti marine intubate con bassissimi consumi energetici. Infatti, calcolando la posizione in cui installiamo l’elettropompa, sotto battente, possiamo fare in modo che la curva resistente della condotta e la curva della pompa che inseriamo per la circolazione dell’acqua s’incontrino sulla linea zero della prevalenza geodetica che è uguale a zero (coincidendo i livelli di aspirazione e mandata sulla pompa).  Pertanto, anche le energie di pressione e cinetiche in aspirazione e mandata si azzerano reciprocamente essendo P1 = P2 e V1 = V2  (a causa del battente della colonna di acqua intubata  sull’aspirazione della pompa calcolato appositamente) secondo la relazione H = 0 = (P2 – P1) / γ + (V22 – (V12) /2g. Ovviamente, nessuna pompa lavora con prevalenza zero e la pompa appena incomincia a girare, trova il suo punto di funzionamento con pochi centimetri di prevalenza, e uno scostamento dalla portata nominale, che dipendono dalla precisione del calcolo. Un altro principio basilare sul quale si basano questi impianti è la teoria di Bernoulli  che spiega le note pompe Venturi che consentono di aspirare dalle profondità abissali, senza organi meccanici una parte dell’acqua o melme presente nei fondali. Infatti, la legge di bernoulli afferma che: “Se il fluido scorre in un condotto munito di una strozzatura in cui V1 e V2 sono le velocità, S1 e S2 sono le rispettive superfici delle sezioni, P1 e P2 le pressioni manometriche misurate in corrispondenza di tali sezioni, per il principio della conservazione dell’energia si stabilisce la seguente relazione: P1 + ½ d V12 = P2 + ½ d V22. La costanza del valore dell’espressione dimostra che, quanto maggiore è la differenza di velocità nelle rispettive sezioni tanto minore e la differenza di pressione, e viceversa. Pertanto, per effetto del calo di pressione interno al tubo che si verifica nella strozzatura, dall’esterno, entra nel tubo in cui circola l’acqua di superficie, una percentuale di acqua del fondale, che risale in superficie. Quest’acqua è ricca di moltissime sostanze minerali perché alle altissime profondità, anche le sostanze insolubili sono solubilizzate. Sono ricche soprattutto di calcio e carbonio precipitati nei fondali dalle origini della Terra. Il il calcio e il carbonio, risalendo in superficie, si diluiscono con le acque superficiali e ritornano a reagire secondo la seguente reazione, che caratterizza l’equilibrio alcalino dell’acqua alla pressione atmosferica: Ca2+(aq) + 2 HCO3- (aq). ↔ CACO3 + CO2 + H2O, riproducendo in superficie l’idrogeno carbonato di calcio che esiste solamente in soluzione: CO2(g) + H2O + CaCO3(s) ↔ Ca(HCO3)2  L’idrogeno carbonato, nelle giuste proporzioni rende possibile la formazione dei gusci calcarei e la struttura ossea delle specie ittiche, il ripristino delle barriere coralline, e contribuirà a riportare il PH marino al livello originale, antecedente all’epoca industriale, mentre gli altri componenti, soprattutto a base di carbonio, creano le condizioni per sviluppare fitoplancton e zooplancton. Purtroppo la profondità media delle acque oceaniche, in corrispondenza delle piane abissali, oscilla tra i 3000 ed i 6000 m, ma in compenso sono caratterizzate dall’assenza di onde in superficie. Questo ci consente di progettare impianti completamente galleggianti, che ancorati al lontano fondale possono conservare in limiti accettabili la propria posizione, nonostante le correnti marine.

D’importanza fondamentale sono le pompe idrovore da utilizzare, le quali, devono essere protette dalle specie ittiche di grandi dimensioni che potrebbero metterle fuori esercizio. Per questo e altri motivi pratici sono state scelte le pompe assiali e semiassiali intubate, le quali per funzionare devono esser soltanto calate all’interno delle tubazioni di sollevamento poggiandole su un anello saldato all’interno del tubo. Ma è preferibile che queste elettro pompe siano leggermente modificate affinché possano lavorare sul lato discendente della tubazione (dt) con il lato aspirante posto in alto, inoltre, non c’è bisogno della vasta gamma di prevalenze che usiamo negli impianti terrestri. E’ conveniente lavorare con bassissime prevalenze per risparmiare energia, affidando all’energia di posizione dell’acqua superficiale  il compito di vincere le resistenze del circuito. I cavi di alimentazione dovranno uscire dal lato aspirante, che dovrà avere il proprio golfare di sollevamento.

 Supponendo di realizzare un impianto di estrazione del calcio e carbonio su un fondale posto alla profondità di 6 km, quindi, con 12 km complessivi di tubazione di discesa (dt) e di salita (ut), Dn 1400 che contiene anche l’elettropompa nel tratto (dt), con una portata da 4.000 L/sec, V = 2,6 m/sec, le perdite di carico in m/km calcolate con la formula di Bazin (1.000*4*V2/C2*D) dove (C= 87/(1+2g/√D) e un coefficiente di scabrezza g=16, sono 4,11 m/km, per un totale di 49,32 m. Le perdite di carico localizzate nelle n.2 strozzature venturi con D2 = 700 mm (V2 = 10,4 m/s) sono pari a 5,51 m (2*0.5 * V22/2g); le perdite di carico nella curva a180 gradi, è pari a 0,34 m (2*0,5* V12/2g), le perdite di carico nell’elemento di uscita dell’acqua finale stimate in 0, 34 m. Pertanto, la prevalenza necessaria per la circolazione di 4000 lt/ sec in tale circuito è di circa 55,5 m (49,32 + 5,51 + 0,34). Installando l’elettropompa a una profondità di 54 m dalla superficie (55,5 / 1,025) considerando che la densità dell’acqua di mare è 1,025 T/m3, sceglieremo una elettropompa, la quale per dare la portata richiesta lavora con una prevalenza di soli 0,2 m, poiché nessuna pompa può lavorare a una prevalenza zero. Sarà la effettiva resistenza idraulica del circuito a stabilire il punto esatto di funzionamento della pompa ma sempre nell’arco di pochi cm di differenza per quanto riguarda la prevalenza.  Considerando un rendimento totale dell’elettropompa del 70%, la potenza assorbita sarebbe: (N=Q*H*1.025*102*0.7) = 11,5 Kw.

Questo impianto progettato per il sollevamento del carbonio e del calcio può anche produrre energia. Infatti, per esempio, se sotto la pompa installiamo una turbina idraulica intubata, che lavora con la portata di 4000 L/s e una perdita di carico di 15 m, non dobbiamo aumentare la potenza del motore della pompa, è sufficiente installare la pompa e la turbina a una profondità di 69 m invece dei 54 m dovuti alle altre perdite di carico del circuito, sopra calcolate.  Se il rendimento della turbina con relativo alternatore è 0,8, l’energia prodotta sarà 470.58 Kw/h (4000*15* 0,8/102). Infatti, questo circuito è totalmente aperto in superficie e con l’intubazione delle acque superficiali, una volta superato lo stato d’inerzia, nella fase di discesa si sviluppa energia cinetica alimentata in continuo dall’acqua di superficie. Tutto il peso della colonna di acqua di 69 m agisce sulla pompa, producendo nella turbina l’energia sopra calcolata (che è stata sottratta dell’energia assorbita delle perdite di carico nei tubi (54 m). Non esistono spese energetiche per il sollevamento dell’acqua, poiché l’acqua non deve superare il livello del mare. Un circuito aperto non è assimilabile a un circuito chiuso, per il semplice fatto che nel circuito chiuso la pressione dinamica non si può rinnovare con l’ingresso di acqua nuova, come avviene nel circuito aperto.  Infatti, il rinnovo della pressione dinamica non è altro che l’energia cinetica dell’acqua di superficie che va a occupare la posizione dell’acqua spostata in profondità. Questa energia può esistere soltanto se si preleva acqua dalla superficie a senso unico e si pone la pompa alla profondità calcolata per vincere le perdite di carico dei tubi e della turbina con la massa della colonna di acqua intubata, che si muove all’interno del tubo, sotto la pressione atmosferica. All’uscita della pompa e della turbina, si può dire, che l’acqua non abbia peso, non dovendo superare il livello del mare.  Come scritto, basta vincere le resistenze di attrito, che possono essere vinte aumentando il battente positivo sulla pompa, senza aumentare la potenza del motore che aziona la pompa. I principi idraulici sulla conservazione dell’energia legiferati dal Bernoulli si limitano al raffronto tra pressioni e velocità dell’acqua, dimostrando che l’energia si conserva perché se aumenta la velocità diminuisce la pressione e viceversa. Non riguardano i circuiti aperti, inseriti in volumi idraulici maggiori, che li alimentano all’infinito. In tali circuiti, senza l’inserimento della turbina, l’eccesso di energia prodotta nella discesa dell’acqua si dissiperebbe in calore per attrito nei tubi e all’uscita della pompa, insieme alle altre perdite di carico già calcolate nell’esempio sopra citato (54 m). Questo significa che i principi della conservazione dell’energia sono sempre validi, ma in un sistema molto più ampio, che comprende anche i principi della termodinamica ed energie esterne, come quella gravitazionale, che partecipa diversamente se la massa è ferma o in movimento. Conta soprattutto la direzione del movimento, la velocità, la pressione dinamica nella sezione di passaggio. Non c’entra la pressione statica, la quale non essendo in movimento, può essere trasmessa anche con un tubicino, ma non serve a produrre energia. Quindi, realizzando circuiti energetici aperti che partono dalle acque di superficie, nell’ambito di bacini sempre pieni, il bilancio energetico è sempre positivo perché partecipano forze esterne al circuito che lo alimentano all’infinito e si sfrutta l’energia di posizione dell’acqua di superficie rispetto alla posizione della pompa. Se non vogliamo perderci in calcoli energetici infiniti, dobbiamo solo fare la differenza tra energia spesa e prodotta, ringraziando le natura che ci consente di sfruttare queste opportunità trascurate dall’avvento dell’epoca industriale, individuate da SPAWHE, con il ragionamento, senza sperimentazioni, non disponendo di capitali.   

L’impianto di dissalazione verticale è stato descritto al capitolo 1.

Il sistema di galleggiamento e la parte meccanica riguardante la posa in opera delle tubazioni sono stati descritti al capitolo 3.

Capitolo 5

Deposito di brevetto italiano N. 102016000066396 del 27/06/2016

IMPIANTO AUTOCLAVE PER SOLLEVAMENTO IDRICO, PRODUTTORE DI ENERGIA IDROELETTRICA.

Riassunto

L’invenzione della pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante ha consentito l’invenzione dell’energia idroelettrica con il riciclo dell’acqua in vaso aperto. Con tale sistema abbiamo, contemporaneamente, il sollevamento dell’acqua e la produzione di energia, sfruttando principalmente, la pressione dinamica (o energia cinetica) dell’acqua che scende dal bacino superiore.

Le due invenzioni, sintetizzate sopra, hanno ispirato l’invenzione in oggetto, che consente la produzione di energia modificando gli attuali impianti con autoclave pressurizzata. Infatti, nel caso di un impianto idraulico con un’autoclave pressurizzata (1), non possiamo sfruttare l’energia di posizione dell’acqua superficiale di un bacino aperto, che produce energia cinetica nella tubazione di discesa che alimenta pompa e turbina ma possiamo sfruttare la pressione dell’aria compressa che spinge l’acqua pressurizzata direttamente in una turbina (2) e la scarica in un serbatoio alla pressione atmosferica (3). Quindi, in questo caso, sfruttiamo il salto di pressione e la portata che attraversa la turbina, mentre la pompa con doppia alimentazione, reinserendo subito l’acqua nel serbatoio pressurizzato (1), dal lato aspirante di una delle due bocche di alimentazione, consente di risparmiare l’energia che sarebbe necessaria per il ripristino della pressione del cuscino di aria, consumando in tale fase soltanto l’energia per la circolazione dell’acqua senza le spese energetiche per il sollevamento idraulico, che è necessario con le elettropompe tradizionali. Anche la spesa energetica per il sollevamento dell’acqua alla rete di distribuzione idrica sarà una spesa energetica ridotta al minimo, mantenendo costanti i livelli del serbatoio autoclave pressurizzato e quello di transito, alla pressione atmosferica per mezzo della sincronizzazione dei flussi in entrata e in uscita con valvole motorizzate e inverter che regolano la velocità dei motori delle pompe. L’energia prodotta dagli impianti autoclave sarà centinaia di volte superiore a quella assorbita, migliorando anche la qualità dell’acqua che non ristagna mai nel serbatoio pressurizzato e in quello di transito, alla pressione atmosferica.   

Descrizione

Le recenti invenzioni delle pompe con doppia alimentazione sul lato aspirante e quella degli impianti idroelettrici con il riciclo dell’acqua, da parte del sottoscritto, consentono di aggirare la forza gravitazionale dividendo il flusso dell’acqua in ingresso alla pompa in quattro settori tenuti separati fin dentro la girante della pompa. Di tali settori, due sono alimentati con l’acqua presa dal livello idrico superiore e due da quello inferiore. Essendo le alimentazioni fisse, mentre la girante è in rotazione, lo stesso settore della girante è alimentato alternativamente con un flusso avente una pressione diversa e portate molto simili, pertanto, il flusso di acqua con pressione maggiore spinge nella girante il flusso di acqua con pressione minore, mentre la rotazione della girante, incrementa ulteriormente la pressione dell’acqua secondo le caratteristiche della girante stessa (assiale, semi assiale, radiale, aperta, chiusa, etc).  Questo sistema, in circuiti idraulici sempre pieni di acqua, con la quadrupla sinergia tra l’intubazione dell’acqua di superficie, le pompe, le turbine e il riciclo dell’acqua in vaso aperto, applicando principi idraulici noti da secoli, come il principio dei vasi comunicanti, le leggi di Torricelli, Bernoulli e Pascal, ponendo, strategicamente, le elettropompe con  doppia alimentazione tra un alto battente idraulico positivo e le turbine, facendo lavorare le pompe, almeno con una bocca di aspirazione, con un carico equilibrato dalla perdite di carico nel circuito di riciclo, con un piccolo consumo di energia, consente di sfruttare l’energia cinetica prodotta nel tubo di discesa dall’acqua che alimenta la pompa, per ridurre l’assorbimento elettrico del motore che alimenta la pompa stessa e aumentare la produzione di energia nella turbina sottoposta alla pompa. Pertanto, la seconda bocca della pompa può essere alimentata, con minore pressione da acqua proveniente da un bacino con acqua da sollevare al livello del bacino superiore, che per sfioro alimenta le reti di distribuzione idrica, consumando la poca energia necessaria al riciclo dell’acqua in vaso aperto, invece, delle energie molto superiori, che sarebbero necessarie per il sollevamento dell’acqua contro la forza gravitazionale.  Tale sistema, riportato nella Fig. 2, di cui si riporta anche la legenda, per evidenziare le differenze e le similitudini, ha ispirato uno schema del tutto diverso che utilizza ugualmente le pompe con doppia alimentazione sul lato aspirante ma in abbinamento a un serbatoio autoclave e altre apparecchiature per produrre energia anche in questo caso, illustrato nella Fig. 1, un poco complicato per essere trasformato in un sistema energetico, ma i vantaggi e le applicazioni sono immensi per applicazioni fisse e mobili.       

    

Legenda della Fig. 2:  (C) collector = collettore;  (oipds) overturned intubated pump with dual suction = elettropompa assiale intubata capovolta con doppia alimentazione;  (cv) check valve = valvola di ritegno; (dgh) delivery geodetic height = altezza geodetica in mandata; (mpl) probe of the minimum or maximum level = sonda di minimo o massimo livello; (sav) supply additional valve  = valvola di alimentazione supplementare; (sacg) submersible alternating current generator = generatore di corrente alternata sommergibile; (sacm) submersible alternating current motor = motore sommergibile a corrente alternata; (sgh) suction geodetic height = altezza geodetica in aspirazione; (sov) shut-off valve = valvola di intercettazione; (tcp) tube containing the pump = tubo contenente la pompa; (wdn) water distribution network = rete di distribuzione idrica; (wddr) water distribution and disconnection reservoir = serbatoio di distribuzione idrica e disconnessione; (wlb) water lifting basin  = bacino di sollevamento acqua.

La Fig. 1 illustra come è concepito Impianto autoclave per sollevamento idrico, produttore di energia idroelettrica, di cui si riporta la seguente legenda:

 Legenda: (1) serbatoio autoclave pressurizzato; (1.1) regolatore di livello con sonde capacitive;   (1.2) valvola di sicurezza; (1.3) manometro con valvola di intercettazione; (1.4) valvola motorizzata con regolazione flusso trasmettitore di posizione; (1.5) trasmettitore di portata o pressione;   (2) pompa usata come turbina; (2.1) generatore di corrente alternata sommergibile; (2.2) valvola motorizzata di alimentazione turbina  con regolazione flusso;  (3) serbatoio di transito acqua alla pressione atmosferica e di contenimento pat;  (3.1) valvola motorizzata di alimentazione acqua di rete in pressione; (3.2) valvola  motorizzata di by pass alimentazione in bassa pressione;   (3.3) valvola di sfiato aria;  (3.4) regolatore di livello con sonde capacitive; (3.5) valvola motorizzata di alimentazione acqua in bassa pressione; (3.6) elettropompa di alimentazione in bassa pressione a giri variabili, azionata da inverte (4) elettropompa  con doppia alimentazione sul lato aspirante; (4.1) motore di azionamento pompa, a giri variabili, controllato da inverter; (4.2) giunto di accoppiamento motore pompa; (4.3) albero di trasmissione; (4.4) tubo di protezione albero di trasmissione; (4.5) doppia curva con setti separatori incrociati in bassa pressione (lp) e alta pressione (hp); (4.6)  setti separatori di flusso; 4.7 girante della pompa di tipo chiuso; (4.8) diffusore della pompa;  (4.9)  valvola di ritegno. (5) tronchetto deviatore di flusso; (6) rete di distribuzione idrica; (6.1) valvola motorizzata di alimentazione rete di distribuzione idrica; (6.2) trasmettitore di portata o pressione; (7) rete di alimentazione idrica; (7.1) trasmettitore di portata o pressione; (8) elettrocompressore

 Come si può notare dalla Fig. 1, il serbatoio autoclave pressurizzato (1) è alimentato con l’acqua proveniente dal serbatoio (3), il quale è alimentato dalla rete di alimentazione idrica (7) e con l’acqua riciclata dallo stesso serbatoio autoclave (1). Contrariamente agli impianti autoclave esistenti, in questo impianto, le pompe e le turbine sono sempre in funzione mentre sono le valvole a deviare il flusso dove è necessario. Se la rete di distribuzione idrica (6) richiede acqua, si apre gradualmente la valvola (6.1) in funzione del segnale il milliampere di un trasmettitore di portata o di pressione (6.2), infatti l’automazione si può realizzare in entrambi i modi: se c’è un calo di pressione o la rilevazione di una portata, bisogna aumentare il grado di apertura della valvola (6.1) fino a quando la pressione o la portata non si stabilizza. Quando la pressione nella rete sale al livello nominale o la portata si arresta per la chiusura delle valvole della rete, la valvola (6.1) si chiude. Con la valvola (6.1) chiusa tutta la portata di acqua che circola nell’impianto è deviata, tramite la valvola (2.2) nella turbina o una pompa usata come turbina (pat) (2), riportata in figura, che scarica l’acqua  in un serbatoio aperto o dotato di sfiati di aria (3), il quale, a sua volta, tramite una valvola (3.5) e una elettropompa di circolazione in bassa pressione, alimenta una bocca di una pompa con doppia alimentazione (4), mentre la seconda bocca è alimentata direttamente con la massima pressione del serbatoio pressurizzato (1). La pressurizzazione con aria compressa è fornita dal compressore (8).  Essendo le portate variabili, le valvole possono essere parzialmente aperte, pertanto l’acqua circola dove si verificano i cali di pressione rispetto ai valori nominali, rilevati dai trasmettitori di portata o pressione posizionati vicino alle valvole stesse.

Quando c’è prelievo di acqua dalla rete (6) c’è un calo di pressione nel serbatoio (1), che è subito ripristinato sia attraverso la messa in funzione del compressore (8), sia facendo entrare acqua nel circuito di alimentazione del serbatoio (3) dalla rete di alimentazione pubblica (7). Questa alimentazione può avvenire tramite la valvola di alimentazione (3.1) se la valvola (2.2) è chiusa, oppure tramite la valvola (3.2), se la 2.2 è parzialmente aperta.  L’alimentazione si arresta quando il regolatore elettronico di controllo (3.4) segnala il massimo livello nel serbatoio (3).

Ovviamente, questo impianto produce il massimo di energia elettrica quando non c’è prelievo dalla rete idrica (6), per esempio, nelle ore notturne.  Infatti, in tali condizioni, produce energia senza  consumare l’acqua che circola tra i due serbatoi. Di conseguenza, non consuma nemmeno l’aria compressa, a parte quella che si libera nell’atmosfera quando l’acqua è scaricata alla pressione atmosferica nel serbatoio (3), ma questo fenomeno è quantificabile in milligrammi di gas per litro di acqua (azoto, ossigeno, CO2) secondo la legge di Dalton di cui si riportano di seguito le formule principali che spiegano anche i concetti, senza entrare nel merito dei calcoli:

Infatti, in una miscela di gas ideali contenuta in un volume V e alla temperatura T, le molecole di ciascun gas si comportano indipendentemente dalle molecole degli altri gas; come conseguenza si ha che la pressione esercitata dalla miscela gassosa sulle pareti del contenitore sulla superficie dell’acqua è data da:   dove,  R è una costante che vale 0,0821;  , …  rappresentano il numero di moli di ciascun componente della miscela. Questa legge è valida alle stesse condizioni alle quali è valida la legge dei gas ideali: è approssimata a pressioni moderate, ma diventa sempre più accurata quanto più si abbassa la pressione. Definendo la frazione molare  come rapporto tra il numero  di moli dell’i-esimo componente ed il numero  totale di moli presenti:                si ottiene che in una miscela di gas ideali, la pressione parziale di ogni componente è data dalla pressione totale moltiplicata per la frazione molare di tale componente:

Nella sostanza, per ogni gas presente nell’aria è possibile calcolare in che percentuale si solubilizza nell’acqua alla pressione di esercizio, ma ai fini pratici, l’energia che spenderemo per comprimere l’aria sarà una piccola spesa, poiché l’aria compressa, non uscendo mai dal volume del serbatoio (1) ha solo piccole oscillazioni di pressione, e una volta raggiunto il punto di saturazione non si solubilizza altra aria. Quella che si consuma è dovuta alla minore solubilizzazione dei gas nell’acqua, alla pressione atmosferica. Infatti, quando l’acqua attraversa il serbatoio (3), dotato di sfiati per l’aria, libera una piccola parte di aria, che diventa insolubile alla pressione atmosferica, che esce dallo sfiato (3.3).  Ma, ovviamente, i tempi di transito in tale serbatoio sono molto stretti e il processo di espulsione completo dell’aria non può avvenire, in quanto, l’acqua rientra subito nel serbatoio (1) dove il gas non può più uscire dalla superficie dell’acqua, ritornando di nuovo alle condizioni di massima solubilizzazione. 

Pertanto, come anticipato nell’introduzione, un circuito pressurizzato con autoclave (1), abbinato a una turbina (2), a un serbatoio di transito dell’acqua aperto (3), a una pompa di riciclo dell’acqua con doppia alimentazione (4), può funzionare in modo molto simile a un circuito in vaso aperto tenuto costantemente pieno, riportato nella Fig. 2, anche se sfrutta alcuni principi fisici diversi. Infatti, in entrambi i circuiti possiamo produrre energia anche sollevando le acque, purché le acque da sollevare siano inserite nel circuito di riciclo, sempre pieno, del bacino dotato di pressione idrostatica superiore, entrando da una bocca aspirante di una pompa con doppia alimentazione. Infatti, in tale caso, nel circuito in vaso aperto l’acqua sollevata esce per sfioro dal bacino superiore spendendo solo l’energia per il riciclo, senza il sollevamento di circa il doppio della portata massima che può uscire dello sfioro. La stessa cosa si può dire anche con il circuito pressurizzato con autoclave, anche se i livelli di acqua da mantenere costanti sono due: uno nel serbatoio autoclave (1.1) e uno nel serbatoio di transito dell’acqua alla pressione atmosferica (3.4). Ovviamente, per mantenere costanti tali livelli nel circuito pressurizzato con autoclave è necessaria una gestione computerizzata del grado di apertura delle valvole motorizzate (1.4 – 6.1 – 3.1 – 2.2 – 3.1 –  3.2 – 3.5), la regolazione della velocita dei motori (4.1) delle pompe di circolazione a semplice e doppia alimentazione, e, se necessario, anche la messa in esercizio del compressore (8). Ma la complessità del circuito è ampiamente compensata dalla produzione energetica e dal risparmio energetico che otteniamo per mezzo di questo speciale circuito idraulico, che non è contro i principi della conservazione dell’energia, ma li esalta, sfruttando le sinergie tra gli stessi, insieme alla comprimibilità dell’aria e l’incomprimibilità dell’acqua. Comunque, il cuore dell’impianto è la pompa con la doppia alimentazione (4), senza la quale non sarebbe possibile aggirare la forza di gravità degli impianti energetici in vaso aperto (Fig 2) e la pressione dell’autoclave (1) della Fig.1.  Ma è importante anche il modo in cui si alimenta la pompa che deve partire da una certa distanza dalla pompa, affinché nella sezione di ingresso della pompa rappresentata dalla sezione A-A della Fig. 1, abbiamo quattro flussi separati di cui due in alta pressione (hp) e due in bassa pressione (lp), disposti in diagonale per equilibrare le spinte idrauliche nella girante e sui cuscinetti. Affinché questa separazione dei flussi possa avvenire è necessario partire dai tronchetti deviatori di flusso (5) in quanto la doppia curva con setti separatori (4.5), deve già ricevere il flusso canalizzato nella corretta posizione, affinché lo possa incrociare come rappresentato nella sez. A-A. Quindi, le mezze curve del particolare (4.5) utilizzano soltanto mezza sezione di passaggio, già disposte in diagonale, che confluiscono in una sola sezione di ingresso della pompa già divisa in quatto settori senza soluzione di continuità fino alle alette della girante. Infatti, con questo tipo di alimentazione, quando la girante è in rotazione, riceve nello stesso quarto di sezione, flussi di acqua con la sequenza alternata hp – lp, utilizzando la spinta dell’acqua con maggiore pressione (hp) per spingere in avanti, l’acqua con minore pressione (lp). D’altra parte questo principio idraulico è già usato nelle pompe multicellulari, dove l’acqua conserva  la propria  pressione dinamica totale (portata * pressione unitaria * la sezione di passaggio) e la  incrementa  da uno stadio all’altro, entrando al centro della girante, uscendo alla periferia della stessa e rientrando al centro dello stadio successivo, per effetto, soprattutto, della forza della pressione dinamica totale che segue il percorso delle pale della girante (4.7) e del  diffusore del corpo pompa (4.8), come evidenziato, con frecce, nel particolare ingrandito della pompa (4). In particolare, per produrre energia, da acque statiche in vaso aperto o chiuso e pressurizzato, è necessaria l’intubazione della portata e della pressione in una sezione di passaggio del flusso a senso unico, senza soluzione di continuità con il profilo delle pale della girante. Con l’aumentare delle pressioni di esercizio è importante anche la precisione delle lavorazioni meccaniche, che impediscono trafilamenti nel senso inverso al flusso.  Infatti, le pompe multistadio raggiungono anche pressioni di esercizio a senso unico di cento bar.

Come è noto, le applicazioni delle pompe di sollevamento idrauliche sono infinite. A volte sono necessarie grandissime portate con piccolissime prevalenze, per la difesa del territorio e a volte piccolissime portate con altissime prevalenze, per i sollevamenti più distanti dalla fonte idrica di approvvigionamento. Questo ha comportato una notevole varietà di pompe e giranti, che sono prodotte in tutto il mondo, essendo il sollevamento delle acque, insieme ai trasporti, la maggiore spesa energetica del pianeta Terra. Purtroppo, gran parte di questo sviluppo e dovuto soprattutto alla assenza della riflessione che ha portato al concepimento della pompa con doppia alimentazione che sfrutta soprattutto, la forza gravitazionale, il principio dei vasi comunicanti, il principio di Pascal, la teoria di Torricelli, invece della potenza dei motori accoppiati alle pompe.  Infatti, le Pompe sono state progettate per vincere le forze che si oppongono alla circolazione dell’acqua, a prescindere dall’energia necessaria. Oggi non è problema costruire motori con potenze superiori a 3000 KW, alimentati a 6.000 o 9.000 volts, da accoppiare alle pompe.  Oggi le grandi pompe, i grandi motori, le grandi turbine, sono un vanto della tecnologia, mentre le grandi opere idrauliche con grandi dighe sono un vanto per l’ingegneria delle costruzioni. E’ difficile, per gli addetti ai lavori, ammettere che questo tipo di sviluppo è stato sbagliato dalle fondamenta perché le pompe avrebbero dovuto essere progettate per aggirare le forze che si oppongono al sollevamento delle acque, come d’altra parte, è avvenuto anche nei sollevamenti meccanici. Infatti nei sollevamenti meccanici nessuno solleva i pesi direttamente, ma lo fa attraverso molti sistemi che riducono lo sforzo (piani inclinati, attrito volvente, rapporti di trasmissione a cinghia, ingranaggi, etc.). Queste sono le ragioni fondamentali per le quali il sottoscritto ha studiato soluzioni idrauliche alternative per risparmiare energia. E’ stata una sorpresa, per lo stesso sottoscritto, scoprire che questi impianti si possono trasformare da grandi assorbitori di energia in produttori di energia, per la differenza tra l’energia spesa è quella prodotta, inserendo in tutti gli impianti delle turbine idrauliche. In tutti i casi è indispensabile la pompa con la doppia alimentazione sul lato aspirante, che riporta, tramite una delle bocche, all’ingresso della girante, la pressione dinamica massima del circuito, affinché, come nel caso dell’ultimo stadio di una pompa multicellulare, la girante debba fornire soltanto una piccola parte dell’energia per assicurare la continuità del flusso, e consentire l’alimentazione della turbina con la massima pressione consentita dal sistema aperto o con autoclave pressurizzata.  In ogni caso all’uscita della turbina, se esiste energia cinetica, l’unica opposizione alla circolazione dell’acqua è calcolabile in proporzione alla velocità di uscita (V2 /2g), poiché le pressioni statiche del bacino o serbatoio pressurizzato non si oppongono alle circolazioni interne al volume di acqua immagazzinato.         

La pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante, serve soprattutto a miscelare due flussi con portate simili ma pressioni diverse, affinché la pressione maggiore si possa espandere nell’intera sezione di passaggio, la quale, ovviamente, deve essere almeno il doppio, di quella in ingresso, delle singole sezioni, se si vuole trasmettere l’intera pressione al doppio della portata.

 Allo stato dell’arte attuale il raddoppio della portata in un impianto pressurizzato si può fare soltanto inserendo in parallelo due elettropompa con le stesse caratteristiche. Ma in tale modo raddoppiano anche i consumi energetici. Con l’invenzione delle pompe con doppia alimentazione e relativo circuito di alimentazione, facendo uscire l’acqua sollevata dal troppo pieno degli impianti e reintegrando la stessa quantità dal lato aspirante della pompa, gli impianti si comportano come impianti di riciclo in vaso aperto sempre pieni, o in circuiti pressurizzati con autoclave. Pertanto, l’energia necessaria al sollevamento non è quella degli attuali impianti, ma quella calcolabile in base alle perdite di carico senza il sollevamento dell’acqua, che è quasi sempre centinaia di volte inferiore. Basti pensare che una tubazione DN 1000 con una portata di 1000 L/s, una velocità dell’acqua di 1,27 m/s secondo le tabelle calcolate con la formula di Bazin-Fantoli ha una perdita di carico di soli 1,5 m /km.  Quindi con l’energia spesa per sollevare di 1,5 m, 1000 L/s, possiamo spostare la stessa portata a un chilometro di distanza in orizzontale, che equivale alla lunghezza equivalente di un circuito di riciclo molto più complesso di quelli rappresentati nelle Fig. 1 e 2.  Pertanto, vale la pena di raddoppiare le portate e realizzare impianti sempre pieni di acqua, aperti o pressurizzati, con pompe aventi la doppia alimentazione, anche senza nessuna produzione energetica, ma a maggior ragione, la soluzione non è da mettere in discussione se l’impianto può diventare produttore e non consumatore di energia.

Da quanto sopra descritto, dovrebbe essere evidente che le pompe si devono adattare agli impianti che servono dal punto di vista ambientale ed energetico, mentre oggi gli impianti si adattano alle prestazioni delle pompe, le quali, pur essendo molto migliorate per rendimenti e prestazioni, non possono superare i vizi originari, che non hanno sondato la possibilità di aggirare la forza gravitazionale, in circuiti aperti o pressurizzati con autoclavi, con questa semplicissima modifica, che parte dall’esterno della pompa e non può non funzionare. Bisogna solo sperimentare le prestazioni per i vari tipi di giranti e la gamma completa delle pressioni perché le applicazioni sono infinite.

 Per le caratteristiche costruttive di una pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante, è necessario che entrambe le bocche di alimentazione siano dotate di un battente idrostatico positivo. Pertanto nel caso di piccoli impianti, con poca altezza geodetica sull’aspirazione, come nella Fig. 1 è stata prevista una pompa supplementare con singola alimentazione (3.6), che aumenta leggermente la pressione dinamica sull’aspirazione della pompa a doppia alimentazione (4), con la stessa portata, sincronizzata con la stessa, per mezzo di un inverter collegato al motore di comando (4.1).   Come si vede dallo schema, Fig. 1, tutta l’acqua che non va verso la rete di distribuzione (6) passa attraverso la turbina (2) producendo energia, senza uscire dall’impianto. Infatti la momentanea uscita dell’acqua alla pressione atmosferica è indispensabile per produrre energia cinetica nella turbina a spese dell’energia di pressione dell’aria compressa, allo stesso modo in cui nei circuiti in vaso aperto si produce energia sfruttando la posizione alta delle acque di superficie. Ma poiché la stessa quantità di acqua, per mezzo delle pompe (3.6)  e (4), le valvole di controllo, di reintegro del livello e l’automatismo del sistema di controllo, rientra subito nel serbatoio (1) senza far espandere il cuscino d’aria e abbassare la pressione, quest’impianto continua la produzione energetica anche durante la fase di alimentazione della rete idrica (6), allo stesso modo in cui lo schema della Fig. 2, alimenta per sfioro la rete idrica a gravità. Infatti, nell’impianto autoclave produttore di energia, il contemporaneo mantenimento costante dei livelli dei due serbatoi (1 e 3), non comporta sollevamenti idraulici, ma solo circolazioni, pur assicurando la pressione di esercizio dell’autoclave. Ovviamente, se si superano le portate per le quali l’impianto è stato progettato e i livelli (1.1 e 3.4) non sono mantenuti, le pompe (3.6 e 4) devono aumentare il numero dei giri e il compressore deve comprimere l’aria che si espande, affinché si ripristinino le condizioni nominali di funzionamento, che in un impianto ben progettato consentono un basso consumo e un’alta produzione energetica.

Senza lo sfruttamento di queste energie naturali (forza gravitazionale e aria compressa) e senza gli accorgimenti tecnici adottati, che non sono pochi, se si considera che in centocinquanta anni di sviluppo industriale queste innovazioni non sono mai state realizzate. Infatti, queste innovazioni per essere efficienti devono avvenire contemporaneamente. Non è sufficiente mettere sotto battente una pompa senza intubarla dalla superficie per produrre la pressione dinamica, come non è sufficiente separare i flussi di una pompa con doppia alimentazione se non si entra nel corpo della pompa, sfiorando le alette della girante, inoltre non si possono mettere in parallelo le pompe, come negli impianti di sollevamento tradizionali, ma si devono mettere in parallelo  gli impianti completi, come rappresentato negli schemi delle figure 1 e 2, poiché non sfruttiamo l’energia statica ma quella dinamica prodotta singolarmente  dagli stessi impianti, attingendo da fonti esterne, che nel caso della Fig. 1 sono la rete idrica pubblica (7) e l’aria atmosferica che è compressa dal compressore (8), mentre nel caso della Fig. 2, le fonti esterne sono i livelli idrostatici dei bacini sempre pieni (wddr) e (wdn) e la forza gravitazionale. Può sembrare strano, ma nemmeno le pompe e le turbine sono mai state messe in serie negli stessi impianti, poiché nessuno ha pensato che nell’ambito dello stesso volume di acqua si possono sfruttare regimi idraulici diversi nella fase di discesa dell’acqua per produrre energia per mezzo delle turbine, che scaricano alla pressione atmosferica (anche sotto battente) mentre la risalita dell’acqua in un bacino sempre pieno è una semplice perdita di carico allo sbocco, a prescindere dal battente idrostatico o della pressione del cuscino d’aria. 

Tutte queste innovazioni non sono mai state messe insieme perché lo stato dell’arte si è fermato alle pompe che sollevano l’acqua contro la forza gravitazionale e le turbine che producono energia sfruttando il salto idraulico, nel quale coincide contemporaneamente la caduta di pressione statica e dinamica. Gli addetti ai lavori non hanno considerato che la caduta contemporanea della pressione statica e dinamica avviene in casi particolari che sono già stati quasi tutti sfruttati sul pianeta Terra, anche realizzando grandi opere idrauliche, con dighe e bacini. Oggi dobbiamo incominciare a sfruttare i casi normali di energia idroelettrica dove il salto idraulico non esiste ma esistono semplici volumi di acque statiche da sfruttare come in Fig. 2, sia per la difesa del territorio dalle acque alte, sia per realizzare le grandi reti di distribuzione idrica in bassa pressione, che non disperdano le acque per le perdite dovute soprattutto alle alte pressioni di esercizio e  producano energia, invece di consumarla; mentre per le reti più piccole e altezze elevate, servono  gli impianti autoclave idroelettrici della Fig. 1, che ugualmente producono energia, eliminando anche le perturbazioni di moto vario con i cuscini d’ria delle autoclavi, ma soprattutto, producendo energia, svolgendo servizi pubblici di primaria e vitale importanza  con costi di investimenti e di esercizio non paragonabili a nessuna energia esistente, compreso il carbone, che è l’energia più economica ma anche la più inquinante.  

 Se le autorità e gli addetti ai lavori non avvertono la necessità di modificare gli impianti, intuendo che, attraverso lo sfruttamento dell’energia di posizione delle acque è possibile produrre energia idroelettrica, non può nascere la soluzione che prevede l’intubazione dell’acqua superficiale, nemmeno l’abbinamento delle pompe e le turbine per vincere lo stato d’inerzia iniziale e quindi nemmeno l’esigenza di inserire nel circuito le pompe con doppia alimentazione. Infatti, solo dopo aver assodato lo stato dell’arte sopra menzionato è possibile assodare anche lo stato dell’arte energetico degli impianti pressurizzati. Ma, come detto, nel caso in oggetto, gli errori di progettazione sono diventati endemici, poiché anche la produzione di energia idroelettrica è basata su un caso particolare, che gli addetti ai lavori hanno trasformato in un caso universale. Infatti, le grandi opere idrauliche, con grandi bacini e dighe, necessarie per produrre energia idroelettrica, diventano assurde se si dimostra che l’energia idroelettrica la possiamo produrre dappertutto con semplici circuiti idraulici.  

Il famoso esperimento di Pascal, ha dimostrato che in un serbatoio chiuso la pressione idrostatica si espande in tutte le direzioni. Basta anche un piccolo tubicino per sfasciare una botte di legno. Ma per produrre energia elettrica è necessaria la pressione dinamica che assicura l’esercizio nel tempo sulle pali di una turbina. Questa applicazione richiede sezioni di passaggio adeguate e la continuità del flusso, che in piccoli volumi di acqua si può assicurare soltanto se non si disperde l’acqua e si sfruttano regimi idraulici vantaggiosi nella fase di produzione energetica (discesa dell’acqua o salto di pressione) e regimi parsimoniosi di energia nella fase di recupero dell’acqua, senza spese per il sollevamento dell’acqua. In questi impianti la pressione dinamica è uguale alla pressione unitaria per la sezione di passaggio per la portata di acqua, pertanto la pompa con doppia alimentazione deve essere dimensionata per la somma delle due portate e con una sezione di passaggio in mandata ampia, che ritorna all’autoclave, come nel disegno Fig.1. Infatti, in questo circuito sulla mandata della pompa non si devono vincere le resistenze esterne al circuito di riciclo, come la pressione del cuscino di aria compresso. La circolazione dell’acqua avviene all’interno del volume di acqua immagazzinato con una piccolissima prevalenza della pompa. Ma il corpo della pompa deve resistere all’alta pressione idrostatica, altrimenti si sfascia come la botte di Pascal.

Quindi, supponiamo di realizzare un piccolo impianto condominiale che produce energia per mezzo di un generatore di corrente alternata sommergibile (2.1) accoppiato a una pompa usata come turbina (pat), che sfrutta l’altezza utile Hu = 35 m e una elettropompa con doppia alimentazione DN 150 con portata 35 L/s. Supponendo il rendimento della turbina sia 0,75, applicando la formula Pu = η*1000*Q*Hu/102, abbiamo una produzione energetica di 9,0 Kw (0,75 * 1000 *0,035 * 35 / 102). Assegnando alla pompa una prevalenza di 0,4 m e un rendimento 0,6, la potenza assorbita dalla stessa, che porta una portata doppia di quella che passa nella turbina, calcolata con la formula 0,4 * 1000 * 0,070 / 102 * 0,6 = 0, 0456 KW. Mentre la pompa di circolazione supplementare (3.6), con una portata pari alla metà, supposta con lo stesso rendimento e prevalenza assorbe la metà dell’energia calcolata per la pompa a doppia alimentazione (0,0228 Kw). In questo caso il rapporto tra l’energia spesa e resa è 131,38 (9,00 / 0, 0685). Infatti, le perdite di carico nel tubo di discesa, nella turbina, i pezzi speciali e le perdite allo sbocco, sono tutte assorbite dalla pressione dinamica sull’aspirazione della pompa, mentre in mandata non abbiamo perdite di carico apprezzabili, non superando il livello dell’acqua (che è incomprimibile).  Non c’è da meravigliarsi di questo risultato, considerando che i gas compressi sono accumulatori di energia più potenti, flessibili ed economici degli accumulatori di energia elettrica.

Ma le sorprese impiantistiche rispetto alle soluzioni attuali riguardanti il sollevamento e la distribuzione idrica non sono terminate in quanto le soluzioni delle Fig. 1 e 2, che oggi non esistono per incredibili sviste scientifiche, tecniche, politiche ed economiche internazionali, possono essere messe insieme, come riportato nella Fig. 3. In questa figura, per esempio, la distribuzione idrica di una città o quartiere può diversificare le pressioni di esercizio utilizzando la distribuzione idrica per gravità nelle zone vicine al serbatoio principale (wddr), mentre le zone più distanti o che alimentano i quartieri più alti possono essere pressurizzati con cuscini di aria diversificati, senza variare le prevalenze delle pompe e quindi la potenza assorbita dai motori,  conservando sempre la capacità di produrre energia con il riciclo dell’acqua nei singoli impianti, sia a livello di distribuzione di quartiere, che condominiale. La gestione computerizzate dei livelli idrostatici dei serbatoi aperti, pressurizzati e delle valvole e dei motori a giri variabili delle pompe può consentire grandissimi risparmi energetici e grandissime produzioni energetiche, oggi, insospettabili allo stato dell’arte, ma facilmente realizzabili perché le tecnologie sono tutte esistenti. Manca soltanto la semplicissima modifica dell’alimentazione delle pompe e anche delle turbine. Infatti anche le turbine, come si vede dallo schema, possono essere alimentate con flussi canalizzati a pressioni diverse, che arrivano fino alle pale della prima girante, che somma le portate con la massima pressione dinamica, nel rispetto del principio di Pascal.  

Le ultime considerazioni da fare sono le seguenti:
Se agli impianti autoclave, produttori di energia sottraiamo la rete di distribuzione idrica (6), l’alimentazione (7) con le valvole 3.1 e 3.2, ci accorgiamo che non solo l’impianto di semplifica, ma che, addirittura, tali impianti possono essere utilizzati anche per produrre energia mobile, ricircolando l’acqua contenuta nel serbatoio autoclave, ovviamente, non sui piccoli mezzi di trasporto, ma su quelli di dimensioni maggiori, essendo le autoclavi abbastanza ingombranti. Ma questo è un discorso successivo a questa applicazione, che si potrà realizzare spingendo al massimo le pressioni di esercizio, eventualmente, usando anche gas più comprimibili dell’aria. In fin dei conti gli attuali motori termici hanno raggiuto l’attuale livello tecnologico dopo centoventi anni di progettazioni, miliardi di investimenti e migliaia di brevetti a cui ha partecipato tutto il mondo, senza risolvere il vizio di origine delle emissioni di CO2 e polveri sottili. Se c’è una reale volontà a risolvere i problemi ambientali, lo sforzo che è stato fatto per migliorare l’energia termica, deve essere fatto anche investendo sul sistema proposto, che è molto più completo, pulito ed economico. In pochi anni, si potranno aumentare le pressioni di esercizio e rimpiccolendo le autoclavi. Certamente si potranno sostituire gran parte dei motori termici in circolazione sui mezzi di trasporto, risolvendo sia i problemi economici per l’approvvigionamento dei combustibili, sia quelli ambientali, dovuti alle emissioni di CO2 e di polveri sottili.
Per esempio, il calcolo energetico dell’impianto condominiale con una portata di acqua di 35 L/s e una pressione di 3.5 bar, che produce 9 KW/h di potenza, se aumentiamo la pressione a 35 bar produrrebbe 90 KW/h; se invece portiamo anche la portata a 350 L/sec, produrrebbe 900 KW/h. Ovviamente, siamo all’anno zero in questa direzione, ma soltanto perché, le riflessioni su questo modo di produrre energia arrivano con molto ritardo e tutti gli addetti ai lavori, pubblici e privati, sono concentrati su altre energie, che purtroppo, hanno già dimostrato di essere meno efficienti, ma anche meno utili, in quanto non abbinabili a servizi pubblici di primaria importanza, come la distribuzione idrica, le depurazioni, le dissalazioni, i trasporti senza inquinamento.. In quest’ultimo caso, per fortuna, oggi esistono le tecnologie per alimentare nella fase iniziale i motori delle pompe e valvole con gruppi di continuità trifasi. Dopo la partenza dell’impianto, gestendo il flusso di acqua con valvole di controllo e la velocita delle pompe con inverter, possiamo produrre energia mobile in grande quantità, sostituendo i motori termici e rendendo inutili anche le reti di distribuzione che, non solo richiedono ingenti investimenti, ma comportano anche problemi di sicurezza e gestionali, e disperdono immense quantità di energia nel percorso aereo o interrato.

CONCLUSIONI GENERALI
Il futuro sostenibile dell’ambiente e dell’energia non è possibile senza un’organizzazione scientifica del lavoro nel settore dell’ambiente e dell’energia, ma tale organizzazione non si può realizzare affidandosi soltanto alle leggi del mercato, come è avvenuto con l’organizzazione scientifica del lavoro industriale. Le leggi dell’ambiente e dell’energia non ammettono errori di progettazione e gestionali. Esiste un solo modo per depurare l’aria, dissalare e depurare le acque, che è quello globale. Nel senso che tutti i cicli organici e inorganici coinvolti devono essere chiusi negli impianti antropici. Infatti, tutti i cicli che non sono chiusi si trasformano in inquinamento globale e non possono essere più completati. Poiché i parametri da controllare sono molti e non possono essere controllati con un solo processo, gli impianti devono essere tra loro collegati, a prescindere dalle tecnologie utilizzate. Questa è la ragione per la quale in SPAWHE si parla di sinergie e di impianti globali.
Tuttavia, nel 2016, ancora non esiste nessun impianto ambientale, pubblico o privato, che risponda a tali requisiti. Da circa dieci anni l’inventore di SPAWHE ha provato a ripercorrere i processi depurativi dell’acqua e dell’aria, proponendo, di fatto, l’organizzazione scientifica del lavoro ambientale allo stesso modo in cui Frederick Taylor lo fece, nel lontano 1911 per il settore industriale. Purtroppo, questo tipo di organizzazione non può nascere senza nuove invenzioni strategiche che servono per razionalizzare alcune discipline e da collegamento tra le stesse, come quelle illustrate in questa pubblicazione.
Il solo fatto che nessuna organizzazione mondiale abbia sentito l’esigenza di organizzare un lavoro del genere dopo oltre un secolo di successi del Taylorismo industriale, dimostra che l’attuale classe dirigente mondiale non è all’altezza di affrontare i problemi ambientali ed economici globali. Quando si parla di classe dirigente non bisogna riferirsi soltanto ai politici ma a tutti i dirigenti di tutti i settori, a quelli che fanno informazione, a chi insegna e anche agli ordini religiosi. Non lo sanno i dirigenti che nel proprio settore è fondamentale l’organizzazione del lavoro? Non Lo sanno che nel loro specifico settore l’aggiornamento dello stato dell’arte è quasi quotidiano? Non lo sanno che molte novità che migliorano un settore provengono da altri settori? I dirigenti competenti cercano le possibili sinergie e le applicano al proprio settore con gli opportuni adattamenti.
La domanda che si è posta SPAWHE è la seguente:
Se tutti sono specializzati in singoli settori e singole zone geografiche, il settore globale chi lo gestisce? Se i singoli settori si migliorano tra loro scambiandosi, copiando o rubando le invenzioni, chi migliora il settore globale? La risposta è molto semplice: Nessuno. SPAWHE ha dimostrato che per migliorare globalmente l’ambiente e l’economia non basta che le attività umane si migliorino tecnologicamente singolarmente. Deve essere cambiato il modo di progettare perché per completare tutti i cicli organici e inorganici lasciati in sospeso delle attività umane, tutte le attività, in un modo o nell’altro, devono essere collegate attraverso i sistemi depurativi, che non possono essere quelli attuali. Cambiando i sistemi depurativi, inevitabilmente, si cambiano anche quelli energetici. Ma chi deve fare questi cambiamenti se non si mettono insieme gruppi tecnici con esperienze diverse? Non solo non è stata fatta questa cosa logica. Ma, addirittura, SPAWHE che ci ha provato, è boicottato da tutte le categorie interessate. Soprattutto, dalle autorità ambientali e dello sviluppo economico, italiane, europee e internazionali. C’è da chiedersi chi sono gli oltre 7.500 visitatori di https://www.spawhe.eu. Sono amici o nemici dell’ambiente e del lavoro? Se i progetti illustrati, fino ad ora, non hanno trovato interlocutori, si deve suppore che i visitatori siano più nemici che amici di SPAWHE. Questo non è dovuto alla non condivisione dei progetti ma a semplicissimi interessi di parte. Le lobby dei singoli settori non possono certamente andare contro i loro interessi, finanziando e partecipando alla realizzazione di soluzioni globali, che scontentano tutti, persino le tecnologie prescelte, per il semplice fatto che i sistemi globali si progettano diversamente da quelli locali. Infatti, secondo SPAWHE, si può produrre energia biologica depurando insieme acqua e aria, come descritto in https://www.spawhe.eu/the-role-of-biological-energy/. Ma oggi l’energia biologica si accontenta di essere, al massimo neutrale, emettendo CO2 biologico nell’atmosfera al posto di quello fossile. Perché i produttori di tale energia dovrebbero produrre acque alcaline facendo reagire il CO2 con materiale calcareo e acque di raffreddamento o di depurazione, se la legge non impone di andare oltre il semplice obiettivo di produrre energia biologica? Gli enti pubblici mondiali non possono delegare ai privati le energie che interagiscono con l’ambiente, a meno che non legiferino nei minimi dettagli i cicli di produzione dell’energia, comprendendo tutti i parametri, persino, la quantità di emissione di CO2 emesso nell’atmosfera, non importa se fossile o biologico. Se producendo energia biologica possiamo ridurre la quantità di CO2 nell’atmosfera, perché accontentarci della neutralità dell’energia e non cercare di riportare la percentuale di CO2 ai tempi antecedenti all’epoca industriale? Mentre il discorso dell’energia idroelettrica è del tutto diverso. E’ stato scambiato il caso particolare dell’energia con il salto idraulico, come una legge universale, ed è sfuggito il caso generale che consentirebbe di produrre energia idroelettrica anche in un condominio sfruttando l’energia di posizione dell’acqua di superficie nell’ambito dello stesso volume di acqua. Quest’energia che gli addetti ai lavori si rifiutano di sperimentare, con ostinati silenzi, probabilmente, è l’energia più economica del mondo. Costa pochissimo sia in termini di investimenti iniziali (non avendo bisogno di dighe e bacini), sia in termini gestionali (pompe e turbine sono macchine molto semplici), sia in termini di costi di produzione, poiché nei circuiti sempre pieni la materia prima, che è l’acqua non si consuma. Ma si può produrre energia anche portando ossigeno nei fondali inquinati, riciclando, sollevando e distribuendo le acque, come descritto in https://www.spawhe.eu/from-efficient-purification-to-sustainable-energy/.
Le energie che non interagiscono positivamente con l’ambiente o sono semplicemente neutrali, dovrebbero essere prese in considerazione soltanto se quelle che interagiscono con l’ambiente non sono sufficienti a produrre l’intero fabbisogno energetico. Invece, nel 2016, le energie predominanti sono quelle che inquinano, quelle di riserva sono quelle neutrali (discontinue, con bassi rendimenti e alti oneri di smaltimento), mentre non abbiamo quelle che interagiscono positivamente con l’ambiente, perché gli enti pubblici e privati fanno finta che non esistano e di non comprenderle. SPAWHE, senza fondi, non ha potuto far altro che ipotizzare funzionanti le proprie soluzioni e proseguire con un avanzamento virtuale dello stato dell’arte. Il quale consente di intravedere una società molto diversa da quella in cui ci sta portando l’attuale classe dirigente mondiale, da cui nasce il titolo del presente articolo.
Con la presente pubblicazione, SPAWHE asserisce che si può produrre energia anche dissalando in modo sostenibile grandissime portate di acqua, che potranno diventare anche concime naturale per i deserti posti a centinaia di chilometri dal mare. Infatti l’acqua di mare, privata dei sali in eccesso è l’elemento più ricco di minerali che possa esistere per produrre sostanze vegetali. Quindi, con la dissalazione sostenibile i deserti potranno diventare giardini, anche grazie a quanto descritto nel capitolo 2, che consente la produzione di energia durante il trasporto l’acqua. Se tutte queste cose sono vere (e sono vere), non dovremmo temere l’incremento della popolazione mondiale fino a nove miliardi perché potremmo nutrire anche venti miliardi di persone con le risorse attuali. E’ necessario soltanto organizzare scientificamente e globalmente il lavoro secondo lo schema di SPAWHE.
E’ necessario passare dalla organizzazione scientifica del lavoro industriale chiamata “taylorismo”, che non cura gli aspetti ambientali ed energetici, l’organizzazione scientifica del lavoro globale, che possiamo anche chiamare “SPAWHISM” , che non lega il sistema al nome di una persona , ma alla selezione dei sistemi industriali, ambientali ed energetici, che messi insieme, sono in grado di interagire positivamente con le fonti di energia e aumentare con la produttività industriale anche protezione ambientale.
Non abbiamo bisogno di barare con gli OGM e nemmeno di peggiorare la qualità della carne che mangiamo costringendo gli animali a vivere in spazi ristretti, senza attività fisica, nutriti con mangimi, sostanze chimiche antibiotici che favoriscono l’obesità, non la qualità. Si può produrre energia producendo alimentazione di qualità nel mare senza imprigionare i pesci per mezzo della colonizzazione delle piane oceaniche per mezzo di sistemi di galleggiamento inaffondabili, realizzabili con i derivati del petrolio, come mostrato al capitolo 3.
Perché continuare a usare il petrolio come combustibile, che non solo è inquinante ma anche più costoso e meno utile dell’energia idroelettrica fissa e mobile? Se non sviluppiamo le energie veramente alternative e continuiamo a sprecare il petrolio, come realizzeremo i sistemi di galleggiamento che ci consentiranno di creare alimentazione e benessere per le generazioni future e di riportare in superficie il calcio nella acque oceaniche, che hanno già perso il 30% di alcalinità? Determinando il vero problema del riscaldamento globale. Dobbiamo ringraziare di questi disastri gli addetti ai lavori pubblici e privati del passato, ma quelli attuali, sono ancora peggiori, perché pur disponendo delle tecnologie sufficienti non le impiegano globalmente, per creare profitto invece del benessere comune.
Se continua il silenzio sulle soluzioni di SPAWHE, è giusto chiederci dove ci vogliono portare le attuali classi dirigenti pubbliche e private? E’ giusto chiedersi le ragioni per le quali gli enti pubblici non sviluppano progetti globali che comprendano la produzione di energia, come è giusto chiedersi le ragioni per le quali i medicinali sperimentati dalla ricerca pubblica siano prodotti dalle multinazionali e non da produttori pubblici, che avrebbero il dovere di produrli a costi accessibili. Non c’è nulla di chiaro nella gestione dell’ambiente dell’energia e della salute pubblica a livello mondiale. Non si riesce a comprendere il confine tra buone intenzioni, incompetenza e ipocrisia tra milioni di addetti ai lavori, come in un drammatico romanzo di Franz Kafca. Purtroppo, questo sistema, che applica solo in piccole aree il taylorismo industriale, si è esteso a livello mondiale, ed è in grado di sprecare risorse anche in presenza delle condizioni ottimali per produrre energia. E ‘molto lontano dallo SPAWHISMO che potrebbe essere considerato l’espansione del taylorismo, comprendendo anche in sistemi ambientali ed energetiche, non a livello locale, ma a livello globale. Ma la strada dello SPAWHISMO, è molto più difficile rispetto al taylorismo, perché le innovazioni sono ostruite dalle corporazioni che vogliono continuare a gestire l’ambiente con soluzioni locali e commerciali, mentre gli enti pubblici non conoscono nemmeno le basi del taylorismo industriale da prendere come un modello di riferimento per organizzare scientificamente l’applicazione globale della produzione e la tutela ambientale di energia, mediante la selezione delle le tecnologie che meglio si adattano alla globalizzazione.
La stessa proprietà intellettuale, legata ai depositi di brevetti, non protegge gli inventori, ma soltanto gli industriali che possono pagare la protezione. In questo modo si scoraggiano le grandi invenzioni sostenibili e si portano avanti solo quelle commerciali delle multinazionali.
Ma SPAWHE, sebbene virtualmente, ha dimostrato che nell’ambiente, per essere efficienti gli impianti devono essere globali, di conseguenza, poco commerciali. Questo significa che anche la proprietà intellettuale deve essere modificata, dando la precedenza al benessere comune, non soltanto agli aspetti commerciali. Non servono prodotti commerciali nell’ambiente e nell’energia. Le multinazionali si devono limitare a fornire i componenti principali, ma gli impianti devono essere assemblati sul posto, se vogliamo realizzare cicli completi, che siano contemporaneamente energetici e depurativi dell’acqua e dell’aria, senza produrre acidificazioni nelle acque e disperdere calore e inquinamento indesiderato nell’aria. Questo non può avvenire con gli attuali sistemi fognari, depurativi, le macchine commerciali di condizionamento e le ciminiere. SPAWHE ha dimostrato come si realizzano gli impianti globali urbani. Abbinando più sistemi insieme si riducono i costi degli investimenti, rispetto agli impianti separati e si creerebbe più benessere e più lavoro. Se gli obiettivi fossero chiari non ci sarebbero dubbi sulle soluzioni. Ma di fronte a queste cose logiche dimostrate in tutti i modi in oltre trenta depositi di brevetti, relazioni e disegni, si erigono altissimi e solidissimi muri di gomma e di silenzi, continuando a realizzare impianti senza senso. E’ giusto chiedersi se fanno vera opposizione coloro che organizzano le marce e manifestano contro l’inquinamento e il riscaldamento globale. Non parlo dei manifestanti, che certamente sono in buona fede. Parlo degli organizzatori che dovrebbero avere conoscenze tecniche e scientifiche superiori rispetto ai marciatori. E’ possibile che nemmeno costoro vogliono parlare di soluzioni alternative globali, basate sull’organizzazione scientifica del lavoro? E’ possibile che non si rendano conto che non entrando nel merito delle soluzioni e non facendo delle scelte concrete e alternative, non fanno altro che chiedere maggiori fondi che saranno investiti nelle soluzioni attuali? Al massimo dimostrano la loro competenza scegliendo il male minore tra carbone, petrolio, gas, eolico, solare. E’ possibile che perfino personaggi autorevoli come Al Gore e l’intero staff di scienziati dell’IPCC (Intergovenmental Panel on Climate Change), premiati con il Nobel nel lontano 2007, continuino a denunciare i problemi, senza entrare nel merito dell’organizzazione scientifica globale dell’organizzazione del lavoro ambientale ed energetico. E’ possibile che questi importanti personaggi non comprendano che singole invenzioni ambientali non servono a niente, compreso il C.C.S (carbon capture and storage), che sembra il maggior progetto che stanno portando avanti. Il quale non fa altro che aumentare i costi dell’energia, spostando il pericolo di catastrofi nel sottosuolo. SPAWHE pulirebbe l’energia fossile nelle serre calcaree utilizzando il CO2 in favore dell’ambiente, producendo acque alcaline, ma ha soluzioni di riserva ancora più importanti, come l’idroelettrico, sommerso, con riciclo di acqua e pressurizzato con aria compressa per i mezzi di trasporto. Produrrebbe energia realizzando servizi di difesa del territorio, depurando acqua e aria, dissalando, trasportando e distribuendo acque, che diventerebbero anche concimi contro i deserti.
La vicenda di SPAWHE sembra una storia di spionaggio industriale al contrario, dove le aziende, pubbliche e private, non competono per rubarsi i segreti e le idee innovative, ma per ignorarle. In parte, perché evidenziano colossali errori di progettazione depurativi ed energetici, in parte perché evidenziano che con le tecnologie sviluppate, opportunamente adattate, si potrebbero seguire modelli di sviluppo più sostenibili. completamente diversi da quelli sui quali hanno investito e stanno investendo, sia per risolvere i problemi ambientali che quelli energetici e alimentari.
Il mondo non può essere governato senza coordinare la direzione in cui si devono sviluppare le scienze e le tecnologie applicate sul campo. E’ necessario distinguere tra ricerca scientifica, produzione di beni di consumo commerciali e progettazione industriale sostenibile, che riguarda tutti i settori. I sindacati che difendono i lavoratori delle industrie conoscono l’organizzazione del lavoro industriale, perché non comprendono che si devono battere per un’organizzazione del lavoro globale, basata sulla chiusura dei cicli globali, che è un’estensione dei cicli di lavoro industriali, oltre il perimetro delle fabbriche manifatturiere? Non ci vuole molto a comprendere questi concetti, che potrebbero sembrare utopistici, se non fossero state sviluppate anche le soluzioni che si intrecciano e si collegano nel sito web di SPAWHE. Gli addetti ai lavori, pubblici e privati, non possono continuare a realizzare impianti industriali, depurativi, energetici, urbani, che scollegati da un sistema globale, devono per forza produrre e diffondere nell’ambiente acque acide, CO2, SOx, Nox, polveri sottili. Le energie rinnovabili che sono state scelte dagli addetti ai lavori non interagiscono con la gestione dei cicli di produzione e delle acque e dell’aria coinvolte nei processi, quindi non possono sfruttare le sinergie, che ridurrebbero i costi, come illustrato negli impianti di SPAWHE. La cui sostenibilità si basa su ragionamenti globali che entrano nei dettagli anche quando si progettano impianti locali.
Chi ha proposto SPAWHE, sa bene che è molto difficile seguire ragionamenti globali per una singola persona, ma è anche altrettanto difficile mettere insieme persone con preparazioni diverse per fare ragionamenti comuni. Sono state necessari quasi quaranta anni di esperienze di lavoro trasversali per impostare ragionamenti globali e una decina di anni per mettere sulla carta le soluzioni e ragionamenti che determinano un avanzamento virtuale dello stato dell’arte, basato sulle invenzioni non recepite sulla modifica degli impianti depurazione, energetici, sollevamento e distribuzione e con questa ultima pubblicazione, anche di dissalazione, alimentare e sociale. In tutto questo tempo, nonostante le buone tecnologie sviluppate, la protezione dell’ambiente non ha fatto concreti passi avanti, pertanto la nascita di Spawhe e dello spawhismo avrebbe dovuto essere accolta con maggiore entusiasmo dai responsabili ambientali mondiali. Lo spawhismo dovrebbe essere molto più importante del taylorismo perché chi progetta impianti ambientali ed energetici non può prescindere dagli aspetti sociali che coinvolgono tali progettazioni. Loro devono prevedere i danni progettando anche le infrastrutture necessarie e imporle, tramite il legislatore ai progettisti degli impianti privati. Nel 2016, avrebbe dovuto essere chiaro a tutti che la depurazione globale deve incominciare dagli impianti locali e non deve mai essere interrotta trasferendo l’acqua, i fanghi e l’aria da un impianto all’altro.
Solo attraverso esperienze trasversali il singolo progettista può comprendere l’importanza di questo tipo di progettazione. Se il progettista si ferma a sviluppare solo i particolari che gli vengono ordinati, non comprende l’importanza di questo lavoro e non nota le incongruenze esistenti, che in molti casi, vanificano il lavoro svolto con dedizione da migliaia di persone per l’assenza di una visione globale superiore. Non possono dare nessun contributo nemmeno le critiche di filosofi, scrittori, ambientalisti, se non hanno la capacità di opporre una progettazione alternativa completa. Anzi, le proteste e le critiche, non accompagnate da progettazioni alternative globali, non fanno altro che aumentare i fondi a disposizione di coloro che non vogliono cambiare niente e mirano soltanto ad avere più fondi a disposizione. Oggi siamo al paradosso che una piccola invenzione virtuale di SPAWHE, la pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante, descritta su questa e altre pubblicazioni, consentirebbe di aggirare la forza gravitazionale, cambiando completamente le soluzioni ambientali ed energetiche, nate dall’avvento dell’epoca industriale. Tuttavia, queste pompe non hanno ancora trovato partner interessati alla sperimentazione, che costa soltanto qualche migliaio di euro. Secondo gli addetti ai lavori, pubblici e privati, che hanno sprecato migliaia di miliardi di dollari dall’avvento dell’epoca industriale, in sperimentazioni inutili, dobbiamo continuare a sprecare energia anche nei secoli futuri, solo perché SPAWHE non a ha i soldi per realizzare dei semplicissimi prototipi. Non è servita nemmeno una lettera aperta a Bill Gates che auspica un’energia miracolosa a trovare questi fondi. Se ci fosse una possibilità su mille che queste pompe possano funzionare, gli uomini dovrebbero pregare i santi del cielo o i loro Dei, per sperare che funzionino. Infatti, è l’unica possibilità che abbiamo per aggirare la forza di gravità, realizzando gli impianti esposti in questa pubblicazione e di modificare molti altri impianti sparsi per il mondo che inquinano e assorbono energia, mentre potrebbero produrla. Invece, la classe dirigente mondiale non vuole sapere e nasconde la testa nella sabbia. SPAWHE è sicura al 100% che funzionano, ma non farà debiti per dimostrarlo. Continuerà a produrre invenzioni virtuali, considerandole funzionanti. Prima o poi la verità verrà fuori, e il mondo della scienza e della tecnologia comprenderà di aver trascurato i concetti elementari per cercare l’insostenibile, che ha portato alla fame alle guerre, e quasi distrutto il pianeta, mentre il sostenibile è stato sempre a portata di mano.
Luigi Antonio Pezone.